Le analogie e le differenze tra la sceneggiatura per il cinema e quella per la televisione sono evidenti. Entrambi sono mezzi espressivi di stampo drammaturgico, ma presentano sfumature significative.
Nel cinema uno sceneggiatore spesso parte da un’idea propria o da un soggetto originale, dando vita a una storia autonoma. Questo processo può essere profondamente personale e creativo. La mente dello sceneggiatore è una fucina di idee, un luogo in cui nascono racconti unici. La sceneggiatura cinematografica può partire da un concetto, da un’immagine, da una domanda, o da un’esperienza personale. Ciò che rende affascinante la scrittura cinematografica è la libertà di creare da zero un mondo narrativo. Non si devono seguire schemi preesistenti, personaggi consolidati o linee editoriali imposte da terzi. Lo sceneggiatore per il cinema è un autore, un visionario che può dar vita a un racconto completamente originale. Ovviamente, questo non significa che la sceneggiatura cinematografica sia un processo solitario. Spesso, ci sono registi, produttori, e altri collaboratori che partecipano al processo creativo. La scrittura cinematografica è in genere la fase iniziale in cui l’idea prende forma.
In televisione il concetto iniziale (concept) deve adattarsi alle linee editoriali del canale o del produttore e alle esigenze del formato seriale. Questo è un punto cruciale di divergenza. La scrittura televisiva è spesso un lavoro di squadra che richiede un’approvazione continua da parte di vari stakeholder. Lo sceneggiatore televisivo può dover lavorare su un’idea che quasi mai è stata pensata da lui. Questo significa che la creatività è legata a vincoli strutturali e narrative già esistenti. Deve seguire rispettosamente la struttura preesistente, adeguarsi ai personaggi prestabiliti, e rispettare le linee editoriali imposte dai produttori per necessità di formato e legate allo specifico televisivo. In questo senso, la scrittura televisiva è una vera e propria palestra, che non ha un corrispettivo cinematografico. Bisogna lavorare in gruppi di lavoro coordinati da professionisti di provata esperienza, da cui c’è sempre molto da imparare. Inoltre, le limitazioni strutturali imposte dai formati seriali obbligano gli sceneggiatori a conoscere e a rispettare schemi, meccanismi e principi che sono alla base della drammaturgia. Insomma, un po’ di training televisivo servirebbe a qualunque sceneggiatore, prima di affrontare altre esperienze di scrittura.
La serialità è un elemento distintivo nella scrittura televisiva. Le serie televisive sono progettate per attirare il pubblico episodio dopo episodio, stagione dopo stagione. Gli sceneggiatori devono considerare come la trama si svilupperà nel corso di molte ore di programmazione. La serialità richiede l’uso di teaser e cliffhanger: sequenze d’apertura tese ed eccezionali che catturano l’attenzione dello spettatore e finali di episodio che si chiudono con colpi di scena inaspettati. Questi elementi creano l’affezione e la curiosità del pubblico, spingendolo a desiderare il seguito della storia. Questo approccio è noto sin dai tempi dei romanzi a puntate dell’Ottocento, che funzionavano in modo simile. Il pubblico veniva coinvolto in una narrazione che richiedeva di aspettare il prossimo capitolo. La serialità crea affezione, poiché il pubblico si abitua agli schemi formali, alle ambientazioni e ai personaggi. Ci si sente come a casa, in un luogo sicuro in cui si sa cosa aspettarsi.
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