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Festa del Cinema di Roma, la recensione di Comme un fils: i figli sono di chi li cresce

C’era un famoso detto che diceva “i figli sono di chi li cresce, non di chi li fa”. La conferma arriva dall’ultima fatica di Nicolas Boukhrief, Comme un fils, film presentato alla Festa del Cinema di Roma 2023.

Presenti in sala Borgna oltre al regista anche diversi attori del cast come Vincent Lindon che interpreta il ruolo del protagonista con intelligenza e acume. Alla fine della proiezione ben cinque minuti di applausi.

Questo splendido film ci racconta la solitudine da due punti di vista, la storia di due ultimi che si ritrovano e riescono insieme a costruire qualcosa. Jacques è un insegnante che dopo uno scontro con uno studente ha deciso di prendersi un anno di pausa. La figlia è lontana, mentre la moglie e l’altra figlia sono decedute in un incidente. Un giorno casualmente si trova di fronte a Victor. Mentre il professore stava facendo la spesa dei ragazzi fanno irruzione per una rapina e l’uomo riesce a fermare il ragazzo.

Scopre che si tratta di un giovane rumeno che se non vuole prendere le botte dallo zio deve portare a casa i soldi della giornata. Da quel momento inizia un viaggio intimo all’interno di due anime buone che hanno in comune la voglia di ritrovarsi negli occhi di qualcun altro.

Comme un fils, la recensione

Comme un fils è un film che riflette sul tema della solitudine, specificando che si può essere soli e abbandonati anche se si ha una famiglia. Un sentimento di estraneità che si sviluppa quando non si è capiti, compresi e aiutati. Lo sforzo di un uomo per aiutare un giovane ragazzo diventa il centro per tanti bei sentimenti e la lezione è davvero profonda e a tratti commovente.

Comme un fils, la recensione (ANSA) VelvetCinema.it

Sebbene a tratti il film abbia più di qualche lacuna di sceneggiatura il racconto è lineare e ben costruito. I tempi morti abbondano, ma forse servono anche ad ampliare la sofferenza che è elemento fondante non solo del film ma proprio della filmografia di questo regista. Ne esce un racconto crudo che ci fa capire le difficoltà che vivono alcuni ragazzini rom e che conseguentemente portano loro a diventare dei delinquenti anche con la crescita.

Il film però non giudica nessuno, neppure lo zio burbero che a un tratto viene dipinto come un alcolizzato che non ha colpa dei suoi atti violenti, e soprattutto non c’è nessun tipo di sguardo razzista nei confronti del mondo gitano che pure poteva essere facile prede di scivoloni. Gli sceneggiatori hanno pensato bene a rispettare tutti, costruendo il racconto di una storia che purtroppo accomuna molti giovani.

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Matteo Fantozzi

Matteo Fantozzi nasce a Roma il 10/12/1986. Nel 2005 consegue il diploma allo scientifico sperimentale Giulia Falletti di Barolo. Nel 2008 consegue la laurea al Dams con indirizzo regia a Roma Tre col massimo dei voti. Nel 2010 consegue la laurea specialistica in Cinema e tv nell’era del digitale a Roma Tre col massimo dei voti. Nel 2013 diventa giornalista pubblicista.

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