David Parenzo, oltre a parlare del futuro del cinema, ha raccontato in esclusiva a Velvetcinema.it le sue preferenze cinematografiche
Da sempre un grande cultore della settima arte, David Parenzo – conduttore a Radio 24 e La7 – ha confessato i propri gusti cinematografici in esclusiva ai microfoni di Velvetcinema.it, in occasione della 18esima edizione della Festa del cinema di Roma.
Da Amici Miei di Monicelli ad Arancia Meccanica di Stanley Kubrick, il giornalista originario di Padova ha manifestato un’invidiabile capacità di variare sui più disparati registri espressivi, suggellando l’incontro con una rapida disamina dell’industria nel bel paese.
Parenzo ci racconta la sua visione del cinema
Per andare alla scoperta del Parenzo cinefilo, abbiamo preferito puntare sulle domande più dirette e banali che si possano immaginare. Si parte quindi, ovviamente, dal film preferito.
“Ce ne son tanti…. ti potrei dire Blues Brothers, ti potrei dire Arancia Meccanica, ti potrei dire, per quanto riguarda l’Italia, Una giornata particolare. Ti potrei dire tutti gli Amici miei di Monicelli. Ti potrei dire un film, forse meno meno conosciuto, che si chiama Ridere per Ridere di John Landis con Woody Allen, che ha il suo omologo in Una giornata intera di televisione, un film del 1976, scritto da questo gruppo di grandissimi scrittori, come Age e Monicelli, con Gassman e Paolo Villaggio”.
E il regista?
“Sicuramente Stanley Kubrick, ma ti potrei dire anche Steven Spielberg… ce ne sono tanti. Ognuno ha una sua capacità di prenderti per mano. Forse il più eclettico di tutti è Steven Spielberg, perché riesce a raccontarti da Schindler List a Indiana Jones”.
Credi che il cinema italiano possa rialzarsi definitivamente o il monopolio statunitense è destinato a perdurare senza soluzione di continuità?
“Il cinema italiano ha delle grandissime eccellenze di grandi registi che poi, infatti, vanno a lavorare gli Stati Uniti perché ci sono budget molto più ampi e perché negli Stati Uniti il cinema è da sempre una vera industria. L’industria italiana soffre di quel nanismo che caratterizza anche altri settori. Quella del cinema non è un industria diversa da quella della manifattura, ad esempio. In questo contesto qua, chiaramente, gli Stati Uniti hanno un’altro livello di sviluppo. Bisognerebbe rimettere in piedi questa grande fabbrica di sceneggiatori, di autori e quindi anche di scrittura del film, oltre che di investimento della realizzazione tecnica. A noi le idee non mancano”.
Chiudiamo su uno dei temi più caldi del momento: la sala è ancora fondamentale?
“La sala è determinante per combattere le piattaforme. Bisogna fare un accordo tra le grandi produzioni e le piattaforme, perché ci sia un obbligo di fare prima la sala, come era per le VHS. Quella era una filiera che garantiva al produttore e al distributore la lunga vita di un film, che è una cosa fondamentale”.
“Bisogna in qualche modo imporre che il passaggio alla piattaforma sia preceduto dalla presenza in sala, perché la sala ti regala un’emozione, un impatto, un gustarsi il film che le giovani generazioni percepiscono ancora, a differenza di ciò che si racconta. I numeri di Barbie e Oppenheimer lo confermano”.