Durante la conferenza stampa di Diabolik, Chi sei? Miriam Leone ha affrontato il tema della femminilità all’interno della pellicola.
Il terzo capitolo di Diabolik è giunto alla Festa del Cinema di Roma e, nonostante i pareri contrastanti della critica, la pellicola dei Manetti Bros ha ugualmente attirato i riflettori a se.
Poche ore dopo la proiezione stampa del cinecomic all’italiana, i due registi, accompagnati da parte del cast, hanno risposto alle domande della critica specializzata nel corso della conferenza stampa. Come sul Red Carpet, a spiccare è stata Miriam Leone, che ha posto l’accento sulla rinnovata presenza del femminile in questa terza iterazione della saga.
Eva Kant portatrice di dialettica e amore
In questo capitolo, difatti, le vere e proprie protagoniste diverranno le due compagne di vita dell’ispettore Ginko e di Diabolik. Altea e Eva Kant saranno costrette ad entrare prepotentemente in azione, per tentare di non perdere i propri partner.
Miriam Leone, che nel film torna a vestire gli elegantissimi panni di Eva Kant, ha parlato dell’importanza delle due insospettabili alleate, che non intervengono soltanto sul piano fisico, ma anche e soprattutto su quello mentale: “Le sorelle Giussiani hanno scritto Eva Kant affinché questa salvasse sempre quel testone di Diabolik, affinché lei desse questa umanità e questa intelligenza della dialettica, che è l’unica cosa che permette di superare i conflitti. In un mondo in bianco e nero, Eva porta l’amore e l’amore è l’unica cosa che può superare la violenza, la corruzione e tutto quello che c’è nel mondo di Clerville e nel mondo del fumetto”.
L’emancipazione femminile immaginata dalle Giussani
La Leone si sofferma anche sulle lungimiranti visioni delle due sorelle fumettiste, capaci di immaginare due donne libere e ribelli in un secolo di oppressione patriarcale: “Eva, per la prima volta, trova finalmente un’altra donna come lei libera e indipendente, perché entrambe, sia Eva Kant, che Altea amano i loro uomini al di fuori del matrimonio e siamo tra gli anni 60 e 70. Questo era scandaloso per quell’epoca. Due donne indipendenti spregiudicate con grande coraggio, che si uniscono per superare il dualismo in nome dell’amore. Questa complicità è espressione di grande lungimiranza, come sempre da parte delle sorelle Giussani, che hanno immaginato un mondo migliore per noi donne”.
Si conclude toccando il tema del cinema di genere, sempre meno alimentato dall’industria nostrana, e analizzando la sua capacità di trattare della realtà, anche senza la necessità di mostrarla didascalicamente: “Non è che tutto quello che è realismo è reale e quello che invece Fantasy non è agganciato alla realtà. In questo caso l’obiettivo era di dare una psicologia ai personaggi, una verità ai personaggi”.