Mur è stata una grande sorpresa al Festival del Cinema di Roma 2023. Nell’edizione dedicata alle donne altro debutto alla regia, quello di Kasia Smutniak, dopo Paola Cortellesi.
Film intenso racconta in stile documentaristico il viaggio sul confine che divide Polonia, paese d’origine dell’attrice ora regista, e l’Ucraina, devastata dalla guerra con la Russia.
Appare davvero impossibile che Kasia Smutniak non abbia mai visto un film di Werner Herzog, perché guardando questo film si sentono i fortissimi influssi del maestro tedesco. Il documentario ha uno stile asciutto che rapisce, arriva dritto al cuore e ti avvolge raccontando anche situazioni comuni. Come quando la protagonista va a casa della nonna o incontra il padre, proseguendo poi la sua ricerca e cercando di demonizzare le barriere anti migranti.
Il momento clou del film infatti è quello dove Kasia con i suoi occhi, dimostrando grande coraggio, si ritrova di fronte al muro anti migranti e rimane sconvolta. Proprio lei ha raccontato: “Non sono una reporter, non sono un medico e nemmeno un politico. All’inizio mi sono sentita impotente di fronte a quel che stava accadendo. Poi ho pensato che potevo mettere a disposizione quello che so fare e cioè il lavoro con le emozioni. E il racconto è una cosa che potevo maneggiare”.
Mur, la Recensione
Mur è un documentario che dimostra come la sua regista conosca bene il cinema, molto più di quanto si possa pensare guardando scorrere il suo nome sui titoli di testa. L’emozione che prevale è quella dell’ambiente claustrofobico, della chiusura e dell’orrore. Un orrore che viene mostrato anche quando la camera si muove tra i boschi, nella ricerca dello spazio dei protagonisti che ricorda molto lo stile di uno dei primi mockumentary della storia “The Blair Witch Project”.
Proprio quella è la sensazione che si prova a guardare Mur e cioè il provare che stia per succedere qualcosa all’improvviso, senza spiegazioni o giri di parole. Qualcosa che può cambiarti la vita devastandola, facendoti soffrire e mettendoti al tappeto. E quello che anima le riprese sono anche le scene quotidiane che accompagnano l’impegno e la ricerca. Rimane la sensazione straziante di una guerra immotivata osservata da un punto di vista che nessuno coglie o meglio nessuno ci racconta. Un argomento che invece andrebbe affrontato con maggiore presenza, maggiore intelligenza e soprattutto quello che manca in ogni guerra e cioè un pizzico di umanità.