Le opinioni di Favino sul film Ferrari scatenano la polemica: nessun attore italiano nel film? Ecco il parere di Gabriele Muccino.
“C’è un tema di appropriazione culturale” – così Pierfrancesco Favino ha acceso la miccia, attendendo di essere colpito a tenaglia da tutti i fronti. Adam Driver è tornato a Venezia, vestendo i panni di Enzo Ferrari, iconico dirigente ed imprenditore sportivo di origini modenesi. Il cast è interamente internazionale, ma di attori italiani nemmeno l’ombra. E’ giusto questo? Secondo il nostro concittadino pluripremiato, si tratta di una discriminazione inammissibile.
“Se un cubano non può fare un messicano, perché un americano può fare un italiano?” – continua. Ovviamente le opinioni forti di Favino hanno scatenato l’opinione pubblica e artistica: alcuni registi si sono schierati dalla parte di Michael Mann, altri invece hanno sostenuto la critica espressa dall’attore. Citiamo ad esempio Pupi Avati, il quale ha tenuto a sottolineare che in passato ha quasi ceduto alla tentazione di riservare uno dei suoi personaggi al premio Oscar Al Pacino, cambiando successivamente idea di fronte alla poca credibilità del suo accento italo-americano.
Dante Alighieri interpretato dall’iconico Michael Corleone? Assolutamente no. Pupi Avati, talentuoso regista italiano, ha scelto scientemente di affidare il suo protagonista a Sergio Castellitto, in modo da donare veridicità al suo progetto. Ragionamento che, a detta di molti, avrebbe dovuto toccare direttamente anche Michael Mann.
Se Pupi Avati e Pierfrancesco Favino sfoderano l’arma della “questione di principio”, Gabriele Muccino ha dimostrato di avere maggiore praticità. Effettivamente non si può ribattere al concetto di base della polemica, soprattutto quando si parla dei grandi personaggi che hanno influenzato direttamente la storia italiana. Peccato che, almeno per il momento, non esista un interprete connazionale che possieda un seguito tale da partecipare ad una produzione estera così importante. Ed ecco dunque che tutto si riduce – per l’ennesima volta – al marketing e al business.
“Affinché Michael Mann assuma un attore italiano in un film major americano” – spiega giustamente Muccino – “le condizioni sono che questo attore abbia un valore commerciale all’estero”. Immaginiamo ad esempio di affidare il personaggio di Enzo Ferrari a Sergio Castellitto, Kim Rossi Stuart oppure Pierfrancesco Favino stesso. In Italia un prodotto di questo tipo avrebbe sicuramente un successo innegabile, tuttavia – molto probabilmente – in America non conquisterebbe il medesimo consenso. Per quale assurdo motivo? Semplice: perché non ci conoscono.
Il regista di A casa tutti bene ha fatto riferimento ad esempio a Sophia Loren. Quando quest’ultima venne inclusa nello show business hollywoodiano, iniziò ad interpretare il ruolo dell’italiana in moltissimi progetti importanti, collaborando con figure del calibro di Gregory Peck, Cary Grant e tanti altri. Questo perché, nel corso della sua carriera, la Loren acquisì progressivamente un valore di mercato tale da far gola a moltissime produzioni americane e non. Dobbiamo accettare dunque di trovarci temporaneamente dietro le quinte, in attesa che qualcuno abbia il coraggio di buttarsi nell’arena come fece l’iconica ed eterna diva italiana.
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