Ottavia Fusco è la moglie dell’indimenticabile regista Pasquale Squitieri, autore di capolavori come Il Prefetto di Ferro. L’abbiamo intervistata.
L’attrice ha raccontato alcune cose interessanti sulla sua carriera e sul marito con il quale ha vissuto 14 anni di grandissimo amore.
Pasquale Squitieri, un provocatore o almeno così si diceva. Cosa ne pensi?
“Pasquale non si diceva un provocatore, non gli importava nulla di apparire in qualche modo o di definirsi. Pasquale era un vero provocatore perché amava il paradosso, ricordo tante conversazioni al mattino al primo caffè e mi sorprendeva davvero che avesse sempre un punto di vista sulle questioni al quale io non avevo pensato. Mi ritengo una donna piuttosto intelligente eppure con lui mi sorprendevo sempre. Queste erano le sue provocazioni. Il gusto del paradosso e anche il gusto dialettico di stimolare le persone a un contrasto e poi riacchiapparle, riconquistarle e ho visto tanti, tanti episodi in questo senso. Grandi scontri e pacche sulle spalle e a cena insieme”.
Ci racconti un po’ il lato umano di quest’uomo che ha segnato la storia del cinema?
“Il lato umano è il lato per cui io mi sono innamorata di lui. Sicuramente Pasquale era etichettato, perché un grande spirito libero che sfuggiva di mano. Il suo lato umano era per esempio un omino al semaforo di Corso Francia, credo che abbia battuto il record mondiale, l’unico al mondo che riesce a farsi prestare 50 euro da un lavavetri. Si trattava di un lavavetri molto particolare, con a Roma una gestione dei luoghi noti e questo Ahmed aveva il suo ufficio da anni al semaforo di Corso Francia. Ho scoperto che Pasquale da “fascistone” qual era gli aveva pagato un biglietto aereo quando il padre di questo ragazzo in Bangladesh stava morendo. Negli anni erano diventati amici in qualche modo. Ogni volta che il semaforo diventava rosso Ahmed si avvicinava e Pasquale gli diceva ‘ciao fratello’. Erano accendini, piuttosto che salviette o quant’altro. Una mattina Ahmed si avvicina e Pasquale gli chiese 50 euro, il ragazzo se li tolse dalla tasca per darglieli. Per una ventina di giorni il semaforo non diventò più rosso e non ci siamo più fermati anche se Pasquale li teneva sempre lì sul cruscotto per ridarglieli. Dopo una ventina di giorni gli ha restituito i soldi con un gran sorriso, credo sia davvero un gusiness”.
Come è nato il vostro amore?
“È nato nella torrida estate, come questa che stiamo vivendo, vent’anni fa al caffè Rosati di Piazza del Popolo. Stavo preparando uno spettacolo con Lina Wertmuller, Peccati di allegria, le storie e le canzoni meravigliose interpretate da me con l’Orchestra Toscanini. Lina abitava dietro Rosati e prima delle prove nell’agosto del 2003 stavo studiando il mio copione da Rosati all’aria condizionata dentro e non fuori dove stanno i turisti e c’era il mio tavolino con un caftano e un caschetto egizio, in un altro tavolo c’erano Tony Renis, Pasquale e una terza persona. Inevitabile fu sentire i commenti, visto che eravamo solo noi. Tony disse che ero molto bella e Pasquale disse ‘Sì, è davvero strana’. Feci finta di non sentire, tenendo il naso sul copione. Sfilarono davanti a me una mezz’ora dopo e Pasquale si fermò a guardarmi, io rimasi folgorato da quei meravigliosi occhi che aveva gli tendo la mano e mi presento. Lui disse che aveva sentito parlare di me da Giorgio Albertazzi che aveva appena finito L’Avvocato De Gregorio con lui. Mi chiese cosa stavo facendo e mi chiese di invitarlo allo spettacolo. Tornando a casa chiamai Albertazzi per chiedergli il numero per invitarlo. In effetti l’ho rivisto a lungo… (sorride ndr)”.
Hai scritto anche uno splendido libro sulla vostra storia…
“Ho scritto un libro, non so se sia splendida, tu dovresti saperne qualcosa visto che in un’intervista di due anni fa io avevo in mente di farlo prima o poi e proprio tu sei stata la persona a spingermi a scrivere in quel momento ed era il momento giusto, quello in cui avevo bisogno, per tanti motivi, di scrivere questa storia. Come sai poi l’abbiamo pubblicato con la presentazione di Massimo Cotto, prefazione di Barbara Alberti e post-fazione tua. Partii da questa mia idea che ho utilizzato diverse volte il “nomen-omen” di antica romana memoria in cui nel nome è racchiuso il destino di una persona. Quindi ogni lettera mi ha ispirato una libera associazione, un racconto, un aneddoto e una riflessione”.
Passiamo un attimo a te, a cosa stai lavorando in questo periodo?
“In questo periodo sto lavorando con molta soddisfazione a uno spettacolo/concerto che si intitola Dalla parte delle cattive dove in sei melologhi, cinque più una coda in realtà, un bis programmato sulla Lupa di Cappuccetto rosso. Ha debuttato ad Asti Teatro e sta girando tutt’Italia con grande soddisfazione e con una chicca di costume perché il mio abito è stato disegnato a proposito dalla quattro volte Premio Oscar Milena Canonero, amica e appassionata di me in qualche modo e delle cose belle e intelligenti che faccio. Me l’ha regalato e lo uso come abito di scena, lo abbiamo in due al mondo io e Catherine Zeta Jones che lo riempie un po’ più generosamente, ma di sicuro è incredibile. Non è male insomma”.
Progetti futuri?
“Sì, in effetti molto legati allo spazio, alla scienza, al Cern di Ginevra, alla mia grande passione. Da piccola volevo fare o l’attrice o l’astronauta. In effetti mi sta riuscendo questa quadratura del cerchio perché collaboro col Cern per un progetto che verrà svelato a ottobre prossimo. Sto inventando e creando diverse cose che mi permettano di mettere insieme la mia passione per la scienza, l’Universo, il macro e il micro e le mie capacità artistiche. Sì e parlo al plurale, sono le e non la”.
Cosa ti ha lasciato Pasquale dentro e cosa ti ha insegnato?
“Lo chiamo il diversamente vivo. Mi piace ricordare Sant’Agostino che diceva una frase che mi ha aiutato molte volte a separare altre separazioni ‘Le persone che abbiamo amato e non ci sono più non sono dove erano ma sono ovunque noi siamo’. Questo è un pensiero che sento particolarmente vero per Pasquale e per quanto riguarda il mio papà, essendo frutto del suo dna certamente. Ma anche Pasquale così come io gli sono stata madre, sorella, amica, amante, moglie, infermiera ci sono tutte le possibili sfumature tra un uomo e una donna possano contemplare, allo stesso modo mi è stato figlio, ma anche padre. Mi ha insegnato molto, non sono la stessa donna che ero prima di incontrarlo. Sono più sicura di me stessa, della mia libertà, della mia identità, ma non di donna, della mia identità di Ottavia forse mettendo in dubbio anche quella di donna. So che adesso io sono Ottavia e anche Gabriella, le ho fatte riappacificare. Gabriella è il mio vero nome, Ottavia è il nome d’arte, c’è sempre stato un grande conflitto tra le due. Evviva, si amano tantissimo se Ottavia è soddisfatta di sé come lo sono io adesso vuol dire che Gabriella è stata geniale”.
Il suo film che preferisci?
“Il film che preferisco sarebbe facile dire I Guappi, Il Prefetto di Ferro, no, però perché è un puro concentrato di talento è Io e Dio, il suo primo film in bianco e nero, finanziato con pochi soldi da Vittorio De Sica che gli dette per primo la possibilità di diventare regista a tutti gli effetti. Questo film è un film quasi introvabile, da quel film credo se ne possano trarre altri dieci. In ogni inquadratura c’è una sintesi di pensiero, talento, creatività straordinaria”.
Qual è il film invece più sottovalutato che in realtà ha un grande potenziale?
“Certamente l’ultimo, combinazione sia nel primo che nell’ultimo le musiche sono state fatte da Manuel De Sica. Si intitola L’altro Adamo, soggetto del film scritto nel 1974 e realizzato nel 2014 dove Squitieri nel ’74 del secolo scorso immaginava il rapporto tra uomo e computer, immaginava il rapporto tra realtà e virtualità. Il protagonista del film Adamo, interpretato straordinariamente da Lino Capolicchio che purtroppo non c’è più, se ne stanno andando via tutti caz*o, ha un rapporto molto speciale col computer di nome Ulisse che ha da interfaccia una mano parlante che nel caso specifico è la mia e sono felicissima di aver fatto questo cameo oltre ad aver scritto il testo e cantato la canzone dei titoli di coda con la musica del maestro Davide Cavuti e un contributo eccezionale del nostro astronauta Paolo Nespoli che mi ha regalato un suo collegamento stazione spaziale-base di Houston inserito nella canzone. Il film ha un tema ambientato in un futuro prossimo. Non è un film di fantascienza, Pasquale si sarebbe incazz*to da morire a sentirlo. È stato fatto con pochissimi soldi con una produzione che ha utilizzato il fondo ministeriale per sistemare altre situazioni e non dedicarle al film. Non è mai uscito e lo sto portando porta a porta dove mi capita. È il film di una mente geniale che aveva già immaginato nel 1974 come potenzialmente sarebbe potuta diventare drammatica anche la nostra vita con l’utilizzo dei computer e soprattutto l’utilizzo della realtà virtuale, inventarsi quello che non si è. Ora nel ’74 era inimmaginabile anche se ora è quotidianità, nel ’74 era inimmaginabile per chi non fosse un genio come Squitieri”.