La figura di Padre Pellegrino Ernetti e della sua macchina del tempo è stata analizzata da Nelle fauci del tempo di Davide Pulici.
Edito da Nocturno Libro è uno degli ultimi lavori di un autore prolifico e di grandissima esperienza. L’abbiamo intervistato.
Nelle fauci del tempo è un libro molto intenso e che parla di un argomento controverso, la storia di Padre Pellegrino Ernetti. Come è nata questa idea?
L’idea di Nelle fauci del tempo è nata… non saprei dire bene nemmeno io, perché mi è nata. Diciamo che aveva a che vedere con una “necessità”, che mi è folgorata dentro lo scorso settembre, appena terminata la scrittura dell’Alternativa. Mi occupo di cinema, come mestiere, come vita, come tutto. Ma fin da molto giovane, mi hanno sempre attratto le faccende, definiamole così, di confine. E la faccenda di Padre Pellegrino Ernetti è tipicamente una storia di confine. Avevo letto tutta la trattatistica che, all’estero soprattutto, ma anche in Italia, era stata espressa sull’argomento, che ridotto nella sua formulazione più semplice e lineare, riguarda la progettazione e la messa a punto di un apparecchio capace di captare qualunque evento del passato, trasformandolo in immagini in movimento e dotate di suono. Fantascienza? Per qualche oscura ragione, non sono mai riuscito a ridurre questa storia a un semplice delirio fantascientifico. Sono di base un razionalista, diciamo un voltairiano. Ma là dentro, nella faccenda del padre benedettino Pellegrino Ernetti e della sua scoperta che parrebbe andare contro ogni logica e ogni legge fisica, c’era, ripeto, qualcosa che si elevava dal livello di una delle tante frescacce che pullulano nell’ambito delle cosiddette scienze di confine. Ed è seguendo quel “qualcosa di indefinito” che mi sono messo a ricostruire la storia della Macchina del Tempo. Ricostruire, significava innanzitutto raccogliere tutti i dati disponibili e riscontrabili e dare loro un ordine cronologico e anche, diciamolo, logico. Cosa che nessuno, questo ci tengo a sottolinearlo, e ribadisco nessuno, prima del sottoscritto, aveva fatto, in circa sessant’anni di dibattiti e sperequazioni, queste sì spesso se non sempre assolutamente deliranti, sulla questione di Ernetti.
La leggenda che ruota attorno alla macchina del tempo ideata da Ernetti cos’ha di vero? Come sono andate le cose?
Le conclusioni del mio libro, non sono conclusioni. Nel senso che una parola definitiva, in maniera oggettiva, sulla Macchina del Tempo ernettiana, non può essere pronunciata. Non crederci, ridendone come di una fantasia mitomaniacale, è l’atteggiamento più facile. Crederci presuppone un atto di fede, ma intendo di fede laica, con il conforto, però, di una serie di indizi assai suggestivi, che vanno dall’alto profilo dei personaggi in gioco (Padre Ernetti era uomo di grandissimo rigore morale, di profondissima scienza nel suo campo di studio specifico che era quello della musica prepolifonica e i nomi degli scienziati che lo avrebbero affiancato nella progettazione dell’apparecchio sono, a dir poco, esplosivi: da Enrico Fermi a Werner von Braun, per limitarsi ai più noti tra la dozzina circa di ingegni che si applicarono alla costruzione di questa Macchina), a una serie di prove o mezze prove che testimonierebbero l’effettivo funzionamento del ritrovato: cominciando dal recupero dei versi e della musica di una tragedia latina di Quinto Ennio considerata perduta, alla quale Ernetti e il suo team avrebbero assistito, potendo così trascriverne e successivamente pubblicarne parte del testo.
Cosa ti affascina di questo argomento?
Come ho già detto, di questa vicenda mi ha affascinato l’idea, intanto, di portare un minimo di ordine nel caos che dominava il tutto. Specie dopo l’avvento di Internet, Padre Ernetti e la sua invenzione sono diventati preda della masnada degli altroscientisti e dei complottisti da quattro soldi, che hanno strattonato per il saio il benedettino (passato a miglior vita nel 1994) dentro le costruzioni fantastiche più assurde. Volevo intanto ridurre a zero tutte le falsità che si sono agglutinate alla faccenda e che tramite il copiancolla, da tastiera a tastiera, sono state poi prese come verità evangeliche. Quasi nulla di ciò che oggi si legge in Internet, su Padre Pellegrino e sui suoi studi, è vero e riscontrabile. Sono pressoché tutte favole partorite da menti squilibrate. E nel libro, questo credo di averlo dimostrato.
A chi fosse rimasto colpito dal libro cosa consigli di leggere per approfondire l’argomento?
L’unico testo che mi sento di consigliare a chi voglia approfondire, è L’ultimo mistero del Vaticano, di Padre Francois Brune, specifico su Ernetti. Brune entrò in relazione con lui fin dalla metà degli anni Sessanta e ne ha raccolto numerose confidenze, anche e soprattutto in relazione agli eventi che furono captati con la Macchina del Tempo. A cominciare dalla Passione di Cristo. Non si tratta di un libro immune da pecche, soprattutto per la maniera molto disinvolta con cui Brune ha periodizzato certi accadimenti, tuttavia è un volume di riferimento, grazie al quale la questione Ernetti/Macchina del Tempo balzò potentemente alla ribalta all’inizio del Terzo Millennio. Va precisato, ancora non credo di averlo detto, che gli esperimenti di Ernetti e del suo team con la Macchina sarebbero avvenuti alla metà dello scorso secolo. E che un ganglio essenziale della storia fu un’intervista concessa da Padre Pellegrino alla Domenica del corriere nel 1972. Fu lì che la faccenda emerse per la prima volta in maniera pubblica e conclamata, in Italia.
Tu solitamente ti occupi di cinema, stavolta però hai traslato l’attenzione su altro anche se non è la prima volta. Come mai?
Il cinema in qualche misura, a ripensarci, c’entra con la Macchina del Tempo, nella misura in cui le captazioni ottenute con l’apparecchio di Ernetti si presentavano come immagini in movimento, dotate di suono e di profondità. Quando, a loro detta, sintonizzarono la Passione di Cristo, videro come in un film a tre dimensioni tutte le fasi di quel che avvenne sul Golgota. Poi, interconnesse alla questione, ve ne sono altre che hanno a che vedere con un misterioso documentario realizzato su Ernetti, nel 2002, e praticamente scomparso nel Nulla. Quindi, agivano anche queste suggestioni su di me, che a lungo mi sono occupato e mi occupo di pellicole, di film, inghiottiti nel buio.
Come giustifichi che in Italia si legga così poco e cosa ti spinge da autore molto prolifico a continuare a scrivere?
Penso che si debba convocare sul banco dell’imputato, la decadenza culturale progressiva e inarrestabile di questo Paese. L’ignoranza è dominante. Scrivere, per quanto mi riguarda, è un atto altrettanto necessario quanto eversivo, persino rivoluzionario, oggi.