Si parla moltissimo in questi giorni de Il Sol dell’Avvenire di Nanni Moretti, se ne sono dette di ogni. Molti hanno paragonato il film al capolavoro di Federico Fellini 8½ ma, nonostante dei punti di contatto ci siano, nessuno si accorge che il regista si ispira a un altro film e lo cita pure.
Il regista classe 1953 di Brunico ci regala un film maestoso, complesso, che non arriverà a tutti ma che ha fatto impazzire i cinefili e che conquisterà il mondo. E scusate se mi sbilancio, ma per me è anche il migliore mai realizzato da un autore che di capolavori ce ne ha regalati moltissimi.
Giovanni è un regista che si appresta a girare il suo nuovo film, tra tic nervosi e improbabili riti scaramantici vive una crisi interiore che trasmette anche nel suo lavoro. La relazione con la moglie Paola, sua produttrice interpretata da una straordinaria Margherita Buy, è in caduta libera e sua figlia Emma si fa sempre più complicata tra l’amore di lei per un uomo molto più grande e la composizione della colonna sonora proprio del film.
La nuova opera dell’artista, interpretato da un delizioso Moretti, è un film ambientato durante la Rivoluzione ungherese del 1956 dal punto di vista degli italiani legati al Partito Comunista. I carri armati entrano a Budapest e quelli del PCI iniziano a ribellarsi all’Unione Sovietica. Giovanni però non riesce a portare il film nella giusta direzione, dolorosamente colpito anche da quanto accade lontano dal set.
Subito la critica cinematografica si è sbilanciata accostando Il Sol dell’Avvenire di Nanni Moretti a 8½ di Federico Fellini. I punti di contatto ci sono, inutile negarlo, nel fantasioso viaggio interiore di un artista che è perso in sé stesso e non riesce ad arrivare al punto né nel lavoro né nella sua vita personale. Sono altrettanto evidenti però le differenze tra un film più reale, più concentrato sull’attualità e con uno stile irriverente che gioca con il pubblico come in Moretti e un dramma sognante, metaforico e fuori dal contesto di un gioco col pubblico anche se pronto a chiamarlo in causa.
Eppure appare abbastanza evidente, ai cinefili più esperti, che il film di Moretti sia un omaggio a un altro grandissimo film che ha stravolto il modo di vedere il cinema ed è diventato l’opera metacinematografica per eccellenza. Il Sol dell’Avvenire, seppur prenda la sua strada e si profili sotto punti di vista differenti da qualsiasi altra opera, è un film dedicato a Jean Luc Godard e al suo capolavoro Passion.
Nel film del papà della Nouvelle Vague, del 1982, Jerzy è un regista polacco che in uno studio di posa in Svizzera prova a girare il suo nuovo film. Non trova la luce, gli scappa dalle mani, si perde nei tableaux vivants dello sguardo intenso dei quadri che riporta in scena. Anche lui, come Giovanni, vive una crisi sentimentale con la sua amante Hanna e l’altro flirt cioè la giovane attivista Isabelle.
E non è di certo un caso che il fidanzato di Emma, figlia di Giovanni nel film di Moretti, si chiami proprio Jerzy. Ma come avete fatto a non accorgervene?
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