Una carriera precoce che l’ha portata, neanche 16enne, al Festival di Sanremo. Un talento innato, scoperto per caso in una giornata qualunque trascorsa nella sua amata campagna toscana. Un nome peculiare e caratteristico, Nada Malanima, così come la sua voce, unica nel suo genere: La bambina che non voleva cantare è tutto questo e molto altro. In onda ieri sera 10 marzo su Rai 1, il film ha mantenuto fede alle aspettative, conquistando la serata in quanto programma più visto, grazie ai suoi 5.582.000 di spettatori, pari a uno share del 23.2%. E, cosa più importante, ha ricevuto la benedizione della stessa Nada.
La bambina che non voleva cantare è un successo e Nada approva
Diretto da Costanza Quatriglio e basato sull’autobiografia Il mio cuore umano, il film ripercorre gli inizi della carriera del “pulcino di Gabbro“. Una giovinezza segnata dal difficile rapporto con la madre, Viviana Fenzi, qui interpretata da Carolina Crescentini, fino alla presa di coscienza di un talento unico: La bambina che non voleva cantare cerca di raccontarne tutte le fasi. E, stando alle reazioni ottenute, pare aver centrato l’obiettivo. La stessa Nada ha fatto sapere recentemente: “Mi è piaciuto“, lasciando spazio tuttavia ai commenti degli spettatori.
Certo è che chiunque si aspettasse una commedia musicale ha dovuto subito ricredersi. Il film biografico ripercorre l’infanzia della nota interprete, soffermandosi per l’appunto sul legame tormentato con la madre, che sarà un po’ il fil rouge dell’intera opera. La donna, infatti, deve fare i conti con la propria depressione, condizione che si riverserà inevitabilmente sulla famiglia, in particolar modo sulla giovane Nada. La cantante crescerà, dunque, con l’idea che la sua voce potrà essere l’unico rimedio per la donna. Un compito del quale si sentirà investita fin da subito, insormontabile per una ragazza della sua età. Per lei sarà perciò quasi un dovere, che la porterà ad essere “La bambina che non voleva cantare“.
L’importante eredità di Nada emerge in La bambina che non voleva cantare
Ma, tra i ricatti emotivi il film mostra anche come l’arte, vissuta come un’imposizione, è soprattutto un modo di riappropriarsi della sua libertà. La stessa che, nel corso della sua carriera, l’ha portata a presentarsi alla kermesse sanremese, dopo il debutto nel 1969 con Ma che freddo fa e la vittoria nel 1971 con Il cuore è uno zingaro, con brani tutt’altro che festivalieri. La bambina che non voleva cantare è dunque anche la storia di quella riappropriazione che ha portato Nada a essere l’artista dalla cifra stilistica inconfondibile che oggi conosciamo. La pellicola si avvale, inoltre, di una giovane e intensa Tecla Insolia, nei panni della protagonista, che ha cercato di riportare in scena quella libertà, dalle etichette e dai compartimenti stagni. Quella medesima libertà di cui, d’altronde, Nada è il simbolo in Italia.