Un po’ “Forrest Gump”, un po’ “Rain Man”, con qualche tocco alla “Delikatessen” e alla “Toto le Héros”, e una spruzzata di atmosfere alla Hayao Miyazaki. Fa venire in mente un po’ di tutti questi film “Copperman”, il coraggioso lungometraggio diretto da Eros Puglielli (in sala dal 7 febbraio per Notorius Pictures, con circa 300 copie), che però non convince completamente, né per lo svolgimento della vicenda narrata né per le interpretazioni dei protagonisti. Un’opera che ha richiesto un lunghissimo lavoro di preparazione e studio, e la cui idea è stata scritta quindici anni fa (il progetto è nato nel 2003), ma che sul grande schermo non arriva completamente al cuore dello spettatore, nonostante sia evidente e apprezzabile il grande sforzo produttivo fatto.
La vicenda è quella di Anselmo (Luca Argentero), un ragazzo “speciale” perché affetto da una lieve forma di autismo, e cresciuto con una madre rimasta sola (Galatea Ranzi), che gli ha raccontato che il papà è partito in missione per salvare il mondo. All’inizio del film lo incontriamo grande, ma ben presto attraverso i suoi racconti e i suoi ricordi andiamo a ritroso nella sua infanzia, lo vediamo bambino, alle elementari, con i compagni di scuola e la maestra. Assistiamo anche al suo incontro con Titti, una bambina speciale come lui, senza un genitore come lui e che rimarrà sempre nel suo cuore nonostante una lunga, forzata assenza. Anselmo è un uomo dal cuore puro, dotato di sentimenti sinceri, di un’innocenza fanciullesca e di un coraggio da leone, col quale vuole affrontare le storture del mondo e combattere il male. Ed è grazie all’incontro col il fabbro del paese Silvano (Tommaso Ragno) che si trasforma in Copperman, un supereroe di provincia dotato di un’armatura di rame che lo protegge dalle insidie del mondo esterno. Già, di protezione Anselmo ha proprio bisogno, visto che un vero e proprio superpotere non ce l’ha, se non una forte determinazione e una purezza infantile disarmante che gli permettono di affrontare (di notte) i cattivi del posto. Nel corso della vicenda, il nostro (super)eroe re-incontra Titti ormai grande (Antonia Truppo), di ritorno in città, con una figlia piccola: tante sono le vicissitudini che ha vissuto, tutte legate a un padre iracondo e violento (Gianluca Gobbi). E allora sì che l’intervento di Anselmo-Copperman (e non solo) sarà fondamentale per salvare l’amata Titti e ritrovare la serenità.
“Copperman” è una favola moderna e colorata per adulti, che contiene vari temi cari al regista Eros Puglielli, già dietro la macchina da presa di “Tutta la conoscenza del mondo”, “Occhi di cristallo” e “Nevermind”.
“Ho letto la prima versione di sceneggiatura e mi è piaciuta da subito perché affronta temi che amo, uno su tutti il rapporto tra una società che uniforma le persone e la diversità individuale di ognuno di noi” spiega Puglielli alla conferenza stampa di presentazione del film, a Roma. “Poi mi ha attratto da subito la possibilità di fare un film di fantasia, in cui ci si diverte anche facendolo: si può esplorare la percezione umana di un adulto bambino che vede le cose attraverso la sua sensibilità, e si può condurre lo spettatore attraverso la visione del mondo del protagonista, una visione stilizzata e fantastica delle cose. Fare una favola è un privilegio perché è composta di archetipi, strumenti potentissimi che arrivano direttamente nell’interiorità, scavalcando le nostre possibilità di speculazione. La favola arriva agli adulti e ai bambini allo stesso modo, ed è stato bellissimo far parte di questa avventura”.
Per Luca Argentero poter incarnare un personaggio così puro e fiabesco, così disarmante e delicato, è stata la realizzazione di un sogno.
“Lessi questa sceneggiatura tantissimo tempo fa, ne rimasi estasiato e pensai ‘Tanto questo film non si farà mai, il copione è bellissimo ma il film è impossibile da produrre!’. Oggi il primo plauso che mi sento di fare è a chi ha deciso di imbarcarsi in questa avventura straordinaria, perché va aldilà del lavoro di produzione di un film “normale”, è un vero e proprio sogno che si realizza. L’altro merito dei produttori è di aver coinvolto (partendo da Eros) tutta una serie di persone che credono nella potenza dei sogni: non parlo solo del regista e degli attori, ma di tutta la troupe. Ognuno di noi si è lasciato trasportare dall’atmosfera magica e rara della sceneggiatura, a Spoleto (dove abbiamo girato quest’estate) è successo davvero qualcosa di unico, difficile da raccontare. Nonostante tutte le difficoltà (di tipo economico, di tipo tecnico e pratico) questo film è stato circondato da un alone di fiabesco e magico. Per quanto mi riguarda vestire il mantello del supereroe, è sempre stato il mio sogno di bambino, lo è diventato ancora di più da quando ho iniziato a fare questo lavoro. Alla fine del film l’unico pensiero che ho fatto, è stato ‘Vorrei che fosse sempre così lavorare a un film, che ci fosse sempre questo entusiasmo, questo attaccamento spasmodico alla propria arte, che si tratti di recitare, dirigere, produrre’. Questo lavoro è fatto di passione, e mai come questa volta ho visto persone appassionate intorno a me, in tutti i settori.”
Appassionate, e felici di ottenere per una volta ruoli non cupi e drammatici, anche le due protagoniste femminili di “Copperman”, a partire da Galatea Ranzi (attrice di “Fiorile”, “Il pranzo della domenica”, “La grande bellezza”, “La ragazza nella nebbia”) che interpreta Gianna, la mamma di Anselmo.
“Sono stata davvero contenta quando Eros mi ha chiamata per un incontro sul film. Mi sono piaciuti da subito sia la storia che il ruolo: già il fatto che si spaziasse nell’arco di 30 anni mi attraeva come sfida personale, e poi ho apprezzato che fosse una storia sull’infanzia di un bambino, e su come questa infanzia (e la problematica cognitiva che il protagonista vive) si ripercuotesse sull’età adulta. Ho amato il personaggio della mamma perché ha delle sue note infantili: è una ragazza madre, una donna sola e appassionata di fotografia, adora il suo bambino, gioca con lui, lo cresce nutrendo la sua passione per i supereroi e dandogli una versione della realtà molto inventata. Ho colto subito la possibilità di interpretare un personaggio positivo: dopo tutti ruoli di donne stronze che ho affrontato nella mia carriera, un ruolo così solare e pieno di gioia è stato una boccata di ossigeno!”
Simile atteggiamento e propensione anche per Antonia Truppo (David di Donatello per “Lo chiamavano Jeeg Robot” e “Gli indivisibili”), che in “Copperman” interpreta Titti da grande.
“Sono molto grata al cinema perché mi ha regalato tante emozioni e un sacco di cose molto belle; d’altra parte è vero che mi hanno sempre chiamata per risolvere delle rogne, per affidarmi dei personaggi bellissimi che però mi sono stati presentati con la scusa ‘non so proprio a chi farlo fare’. Il personaggio di questa storia è finalmente normale; è vero, ha le sue problematiche ma comunque è la ‘lei’ della favola. In questo anche io posso dire di aver realizzato il mio sogno”.
Molto lavoro è stato fatto, dagli sceneggiatori e da Luca Argentero, per la costruzione del personaggio di Anselmo, poiché portare sul grande schermo un disagio mentale rappresenta una responsabilità non da poco. Per questo la produzione ha collaborato con AITA, un centro romano che si occupa proprio di queste patologie.
“Il nostro film, essendo una favola, si discosta dalla realtà del problema: è stato utile parlare con i ragazzi ma soprattutto con i medici e con i genitori per renderci conto di qual è il mondo che ruota intorno alla vita di persone che semplicemente vedono e interpretano la realtà in modo unico e speciale, che hanno sensibilità molto spiccata. Volevamo essere molto rispettosi nei confronti della messa in scena. Credo che abbiamo trovato una misura corretta. Per me c’è stata poi tutta la parte divertente di immaginare un supereroe senza superpoteri: per lui l’armatura non è il mantello del supereroe che diventa un’arma in più per distruggere il male, ma è una corazza che lo protegge dal mondo esterno, e Silvano (il fabbro che è per Anselmo una sorta di padre putativo) gliela costruisce perché non si faccia male. Anselmo è uno di noi, non è un supereroe lontano e distante che va a salvare il mondo e sconfigge i cattivi potentissimi: è uno coraggioso di cuore, che ha un impeto di amore sconfinato verso il prossimo, e lo fa con estrema naturalezza. I miei riferimenti inevitabili sono stati “Forrest Gump” (che rendeva speciale ogni cosa che faceva) e poi il medico della serie tv “The Good Doctor”, che guardavo proprio mentre giravamo il film”.
Insomma, “Copperman” non convince completamente ma va apprezzato per il coraggio e il grande impegno produttivo, che almeno in questo senso lo rendono una scommessa vinta.
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