Il popolare attore e regista Claudio Amendola, al cinema dal 24 maggio con il film Hotel Gagarin di Simone Spada, ha rilasciato alcune dichiarazioni destinate a far discutere…
A partire dal 24 maggio sarà al cinema come attore nel film Hotel Gagarin, opera prima del regista Simone Spada, ma il futuro di Claudio Amendola potrebbe essere solo dietro la macchina da presa. Il popolare attore e regista ha rivelato la sua ambizione a ‘Vanity Fair’. Il suo discorso, però, parte da una polemica sul cinema nostrano: “Dire Tommaso Ragno, oggi, significa dire Il Miracolo. Sembra che di Ragno ci si sia accorti tutti solo adesso. Sono anni che io ho la fortuna di lavorare con attori straordinari. Ogni tanto, qualcuno viene premiato. Ma ci sono centinaia di attori bravi che, a un certo punto, finiscono a fare un altro mestiere. L’avvento forte della televisione, della serialità, dà la possibilità di lavorare, viva Dio. Vuol dire che stiamo finalmente aprendo anche noi a un modo di fare il nostro mestiere più valido, più moderno, meritocratico, più giusto”.
Poi, il discorso di Amendola si sposta sul suo futuro: “Ho appena girato una serie per RaiUno, Carlo e Malik, molto canonica e classica, ma ad incuriosirmi sono soprattutto le nuove piattaforme. Non parlo, necessariamente, di Sky, ma di Netflix, TimVision. Curiosità da regista o attore? Da regista, soprattutto. Vorrei avere un contratto con il quale fare due film l’anno da regista e non fare più l’attore. Quello del regista è un lavoro tanto creativo quando faticoso. Sono quarant’anni, però, che faccio l’attore, e ci sono cose che mi hanno ormai stufato: certi tipi di attese, certi orari. E non è che io non voglia alzarmi presto, per carità. È che capita, spesso, che l’attore sia segregato in una roulotte per ore. L’attore aspetta, sempre. Se un giovane aspirante attore mi chiedesse un consiglio gli direi: ‘Si procuri una sedia’”.
Amendola ha poi dichiarato: “Le priorità possano cambiare, anche quando gli obiettivi restano identici a se stessi. A settembre io ho avuto un infarto, e, mi creda, ho rivoluzionato le mie priorità. Il lavoro, che per me era il Dio, unico e solo, della mia vita, ha smesso di esserlo. Ci sono altre cose, molto più importanti, che il lavoro stava facendo in modo che io non vivessi. Affetti, risate. Io ho riso tutta la vita, ma ho riso sempre e comunque in funzione di qualcosa che dicesse che poi l’indomani mattina sarei andato a lavorare. Ho rincorso, sempre, un contratto in essere. Senza, stavo male. Non perché mi mancassero i danari, ma perché volevo fare. Dovevo fare. Oggi, invece, voglio essere Claudio e godermi tutto quello che Claudio Amendola mi ha regalato e mi regala”.
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