Promette ascolti più che interessanti la nuova fiction di Raiuno in sei puntate La Strada di Casa con Alessio Boni, Lucrezia Lante della Rovere, Sergio Rubini e Christiane Filangeri in onda ogni martedì in prima serata. Un progetto che ha richiesto sei mesi di produzione nelle campagne del torinese. Il regista, Riccardo Donna, che in passato ha firmato grandi successi tv come “Nebbie e Delitti”, “Nero Wolf” e “Un passo dal cielo 2”, ha raccontato aneddoti divertenti su quei giorni “infiniti” passati all’aperto tra campi di mais e zanzare.
C’è una bellissima scena della nuova serie tv di Raiuno intitolata La Strada di Casa, in onda ogni martedì in prima serata su Raiuno dal 14 novembre, in cui Lucrezia Lante della Rovere, nel cast con Alessio Boni, Sergio Rubini, Thomas Trabacchi e Christian Filangeri, corre a perdifiato in un enorme campo di mais. A guardala è bellissima, emozionante, fa venire voglia di natura e aria buona, di di purezza e libertà. Girarla invece non è stato altrettanto pittoresco. Lo ha svelato il regista Riccardo Donna, che nella sua lunga carriera ha esplorato ogni tipo di set ma che ancora non si era confrontato con insetti e bestiame.
Come è possibile che un luogo così bello si sia dimostrato, all’atto pratico, “infido” per troupe e cast?
“E’ possibilissimo, infatti girare questo tipo di scene è stato uno sforzo pazzesco. Siete mai stati una settimana dentro un campo di mais? Ve lo dico io: è bruttissimo, ci sono degli animali che neanche in “Stranger Things”, la serie tv americana di fantascienza. Mi sono comunque divertito molto perché il bello di questo lavoro è che quando si è in ballo si deve ballare tutti insieme. Certo, ripenso con meno nostalgia alle punture terrificanti di certe zanzare giganti che secondo me avrebbero avuto bisogno del permesso di volo. Scherzi a parte, alla fine sono dell’idea che la storia nata dalle menti degli sceneggiatori Francesco Arlanch e Andrea Valagussa sia geniale. E pensare che gli è venuta fuori tutta in una notte, una di quelle serate che probabilmente avevano mangiato pesante. Veramente Alessio Boni dice che gli è venuta in mente una sera durante una vacanza in Giamaica, e mi chiedo perché”.
Qualche puntura di zanzare val bene una splendida fiction.
“Non è solo per le zanzare: dovete pensare che quando si gira in esterni, come la campagna, il luogo rimane lo stesso ma c’è una progressione temporale diversa rispetto a quella richiesta dalla sceneggiatura. In una sola stagione il panorama doveva adattarsi a più stagioni. Per poter andare avanti e indietro nel tempo rimanendo convincenti abbiamo dovuto piantare lo stesso tipo di coltura in tre posti simili ma diversi e in tre momenti distinti. Così sul primo “set” le piantine erano già grandi, sul secondo erano in pieno sviluppo e sul terzo erano appena spuntate. A queste cose lo spettatore non pensa mai, perché giustamente non è il suo lavoro, ma vi assicuro che realizzarle è laborioso e necessita di un’attenzione maniacale per il dettaglio.
Anche Fellini fece infilare una per una le spighe mature di grano per farne un campo dorato perché quelle esistenti erano troppo verdi.
“Pensate a chi ha dovuto decidere le tempistiche e chi ha dovuto inserirle una a una. E comunque il lavoro nei campi di mais, nonostante il fatto che quando faceva caldo era veramente caldo, quando faceva freddo era veramente freddo, che era umido e la sera non scendevano le zanzare, scendevano i droni, non è stato la cosa peggiore che ci è capitata durante la produzione. Potreste solo immaginare che vuol dire girare giorni e giorni nelle stalle?”
A intuito ci si può arrivare.
“Ma non fino infondo. Vi illumino: quando si fanno le riprese di un film o di un telefilm tra le tante attrezzature necessarie c’è il cosiddetto “panno nero”, ovvero un grande lenzuolo di tessuto scuro che ha mille usi diversi: serve a fare spessore sulla sedia quando gli attori si devono sedere e sono troppo bassi, serve a bloccare la luce delle finestre se in quel momento si sta battendo un ciak notturno. Ecco, quel panno, dopo essere stato giorni e giorni nelle stalle, si era impregnato di quell’odore lì. Così anche a distanza di settimane quando lo aprivamo per utilizzarlo veniva fuori una zaffata di “odore della natura” che piegava in due. Ma tranquilli, ci sono stati anche tanti momenti belli il cui risultato lo vedrete in tutti e sei gli episodi”.
Photo credits: Ufficio Stampa Rai, ANSA, IVID.IT
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