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Categorie: Ultimissime

Smetto Quando Voglio Masterclass: cosa hanno detto i protagonisti

Manca poco all’uscita di Smetto Quando Voglio Masterclass, il nuovo capitolo – o meglio i nuovi capitoli – seguito del fortunatissimo Smetto Quando Voglio del 2014. Ecco cosa hanno detto i protagonisti

I laureati più ingegnosi della storia del cinema stanno per tornare: infatti il 2 febbraio 2017 saremo alle prese con il sequel del celebre film di Sidney Sibilia, Smetto Quando Voglio. La banda dei ricercatori di Smetto quando voglio è tornata. Anzi, non è mai andata via. Se per sopravvivere Pietro Zinni e i suoi colleghi avevano lavorato alla creazione di una straordinaria droga legale diventando poi dei criminali, adesso in Smetto quando voglio 2 Masterclass è proprio la legge ad aver bisogno di loro. Sarà infatti l’ispettore Paola Coletti a chiedere al detenuto Zinni di rimettere su la banda, creando una task force al suo servizio che entri in azione e fermi il dilagare delle smart drugs. Agire nell’ombra per ottenere la fedina penale pulita: questo è il patto. Il neurobiologo, il chimico, l’economista, l’archeologo, l’antropologo e i latinisti si ritroveranno loro malgrado dall’altra parte della barricata, ma per portare a termine questa nuova missione dovranno rinforzarsi, riportando in Italia nuove reclute tra i tanti “cervelli in fuga” scappati all’estero. La banda criminale più colta di sempre si troverà ad affrontare molteplici imprevisti e nemici sempre più cattivi tra incidenti, inseguimenti, esplosioni, assalti e rocambolesche situazioni come al solito “stupefacenti”.

Ma ecco cosa hanno detto i protagonisti durante la conferenza stampa di Smetto Quando Voglio Masterclass: Come si bilanciano azione e commedia insieme? Potete raccontarci come avete affrontato, ognuno di voi, questo mix?

Valerio Aprea (il latinista Mattia Argeri): Per fare quella scena in cui mi sfugge il magnete gps… sono caduto dal treno. Non era in movimento ma… ho ancora le ferite da agosto.

Lorenzo Lavia (il latinista Giorgio Sironi): Le scene d’azione sono state divertenti e faticose. Ad agosto, in Puglia e per 12 ore sotto al sole. Quando ho scalato un container mi sono spaventato veramente. Era altissimo.

Marco Bonini (l’anatomista teorico Giulio Bolle): Dopo otto mesi di durissima dieta e allenamenti massacranti di tai chi, volevo ringraziare Sydney perché ora, se mi scordo le chiavi di casa, so come scavalcare il cancello (il suo personaggio è estremamente abile nel superare le barriere, N.d.R.).

Rosario Lisma (l’avvocato Vittorio): Ho avuto una grande occasione per provare adrenalina e pura emozione. Quando sono rientrato nella città universitaria… ho avuto i brividi. Da giovane ho fatto studi giuridici.

Giampaolo Morelli (l’ingegnere meccatronico Lucio Napoli): Syd ha chiesto a tutti di entrare nel personaggio. Dal fisico scolpito che avevo, mi sono allora lasciato andare al fisico molle del mio ingegnere meccatronico.

Luigi Lo Cascio (il chimico industriale Walter Mercurio): Sydney mi ha detto: “Mi interessa il tuo fisico. Voglio i tuoi muscoli, i tuoi tendini e il tuo funambolismo”. Ho preteso di non avere lo stunt man e me lo hanno dato lo stesso. Allora ho avuto l’idea di fare lo stunt man dello stunt man. So già dove riciclarmi se dovesse finire la carriera.

Greta Scarano (l’ispettore di Polizia Paola Coletti): Volevo dire che ho messo a repentaglio la mia vita quando ho recitato sulle “pedanine” (gli aiuti per gli attori bassi nei dialoghi ravvicinati con gli attori alti, N.d.R.).

Sydney Sibilia: Sono orgoglioso della sequenza del treno perché coniuga azione e commedia.

Edoardo Leo (il neurobiologo Pietro Zinni):. Quando leggi un copione dove devi fare a cazzotti con Lo Cascio sopra un treno in movimento… pensi che non è cinema italiano. Ho tirato fuori quello che da piccolo vedeva Indiana Jones. Quando io e Luigi lottavamo sul treno… dall’altro lato della strada c’era il traffico normale. Era una situazione surreale perché loro vedevano me e Lo Cascio che facevamo a cazzotti l’8 agosto sopra un treno, in piedi.

Valeria Solarino (l’assistente sociale Giulia): Non ho recitato nelle scene d’azione. La cosa più adrenalinica che è successa al mio personaggio nel film è quando va a pranzo fuori con Pietro.

Pietro Sermonti (l’antropologo culturale Andrea De Sanctis): Tutto il film è un passaggio dalla scena intima verso le scene d’azione. È un esercizio interessante.

Stefano Fresi (il chimico computazionale Alberto Petrelli): Devo fare un duplice ringraziamento. Ho esplorato ancora una volta la commedia e devo ringraziare i miei colleghi perché sono stato il coach di tutti loro durante le sequenze d’azione.

Paolo Calabresi (l’archeologo classico Arturo Frantini): Quello che aggiunge qualcosa a questo film è il fatto che pur essendo una action comedy non va mai sul grottesco o sul surreale. In questo film si sta sempre dentro la verità o veridicità.

Libero Di Rienzo (il macroeconomista dinamico Bartolomeo Bonelli): Questa cosa del treno è stato un momento topico. Ho urlato a una signorina di Sky che mi stava disturbando al telefono: “Sono appeso a un treno!” e lei mi fa: “Dite tutti così”.

Matteo Rovere: Io, Domenico Procacci e Paolo Del Brocco abbiamo voluto sposare l’idea di Sydney per un film che avesse sequenze d’azione e si basasse però alo stesso tempo sui dialoghi. C’è una grande preparazione per quanto riguarda tutte le sequenze. Abbiamo cercato di non dire mai di no alla sceneggiatura. Le idee erano tante e ci abbiamo provato.

Domenico Procacci: Ho interesse e simpatia per un mix ormai collaudato di commedia ed azione. Il vero rischio è nella sua concezione produttiva. Il vero rischio è la saga. Pensavamo tutti che Rai Cinema non ce lo facesse mai fare. E invece no. Do atto a Rai Cinema di aver accettato il rischio.

Come è stato lavorare dentro una macchina produttiva così importante?

Sydney Sibilia: La macchina produttiva non è stato complessa da affrontare. Più difficile è stato gestire le sequenze che non avevano un precedente storico ed erano da inventare.

Quando esce il terzo Smetto Quando Voglio: Ad Honorem?

Paolo Del Brocco: Il film c’è. È bello come questo. Ma parlare oggi del terzo film… è prematuro. A breve annunceremo la politica d’uscita del terzo.

Quali sono stati i film che hanno maggiormente ispirato il lavoro?

Sydney Sibilia: Il sidecar richiama Indiana Jones E l’Ultima Crociata (1989). Ho pensato: “Quanto farebbe ridere Edoardo Leo nel sidecar nazista? Per la parte degli inseguimenti in città, invece, mi sono ispirato agli inseguimenti analogici del cinema italiano anni ’70.

Edoardo Leo: Quando abbiamo fatto la scena del sidecar vestiti da nazisti… per il quartiere dell’Eur ci guardavano malissimo.

Ci parlate del fumetto?

Stefano Fresi: È una ficata pazzesca trovarsi su un fumetto.

Edoardo Leo: Nel fumetto io sono uguale a Fabio Ferro (storico collaboratore di Sydney Sibilia, N.d.R.)

Sydney Sibilia: Il film è già fumettistico di suo. Allora ci sembrava giusto fare un episodio spin-off. La natura dell’universo espanso si spinge oltre il cinema e quindi il fumetto è organico all’operazione.

Giampaolo Morelli: Io nel fumetto sono biondo. Perché??????

Qual è il messaggio del film?

Sydney Sibilia: Il messaggio del film è difficilmente codificabile. Direi che sostanzialmente l’idea di fondo è: c’è ancora speranza. Io sono un ottimista di natura e quindi non mi piace il finale ultra pessimista. Ho fatto due film per dire che non è così male come sembra. C’è speranza.

Stiamo assistendo veramente alla rinascita del cinema di genere italiano?

Sydney Sibilia: Stiamo assistendo a un graduale cambiamento dei gusti del pubblico e degli autori. La commedia è il genere più congeniale per me. Non escludo in futuro di cambiare.

Perché due film da girare contemporaneamente?

Matteo Rovere: È un esigenza che nasce dalla sceneggiatura. L’idea era quella di creare un secondo film autonomo ma contemporaneamente lanciare un’idea abbastanza nuova cioè quella di creare un universo all’interno del quale lo spettatore potesse muoversi longitudinalmente. Girare i film insieme ci ha permesso di giocare con i rimandi.

Che cosa potete dirci della colonna sonora?

Sydney Sibilia: Questo film me lo immaginavo più strumentale ed epico. Con Michele Braga abbiamo avuto l’idea di prenderci un poco più sul serio. La musica ha un potere incredibile nel cinema. È stato entusiasmante e difficilissimo. La scena d’inseguimento ha un basso anni ’70 mentre quella del treno ha un’idea epica.

Sarà anche una serie tv?

Sydney Sibilia: La serialità mi interessa molto ma solo in termini di linguaggio. La serie non è saga. I film hanno bisogno di una natura unica cinematografica. In un mare di prodotti audiovisivi gratis, noi siamo rimasti a fare quello che si paga. Dobbiamo essere particolarmente bravi, perciò.

Che significato ha l’Università La Sapienza nel film?

Sydney Sibilia: Volevamo che fosse anche un luogo di tesori tecnologici allaJames Bond ma sempre altamente credibili. C’erano tanti oggetti che volevo usare. C’era ad esempio una bicicletta volante che ti fa volare per un minuto e mezzo.

Edoardo Leo: Tornare alla Sapienza non mi ha provocato nessuna emozione particolare.

Matteo Rovere: Mi fa piacere dire in relazione alla Sapienza che siamo riusciti a mettere insieme 25 mila euro per finanziare un assegno di ricerca.

Sibilia, ti manca il cinema italiano degli anni ’70? Lo hai citato in alcuni titoli di giornale…

Sydney Sibilia: Era un cinema artigianale e anche industriale che abbiamo un po’ perso.

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Redazione

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