Monica Guerritore: “Al Sistina sarò Judy Garland ma a Netflix ho detto no”

L’attrice sarà la protagonista al Teatro Sistina, dal 19 al 30 ottobre, della commedia musicale “End of the Rainbow”, la storia del declino e della morte di una delle attrici più famose di Hollywood, Judy Garland. Uno spettacolo che vanta l’impianto originale di Broadway con scenografie e costumi riprodotti esattamente come quelli della versione americana. La Guerritore però non farà parte della seconda stagione di “Non uccidere”, fortunata fiction di Rai 3 che sbarcherà anche su Netflix.

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Chi non ha mai visto almeno una volta il film “Il mago di Oz”? Chi non si è lasciato trasportare dall’allegria di quella bambina dal vestito azzurro a quadretti, le scarpe rosse e le treccine? Quella ragazzina che l’American Film Institute ha inserito all’ottavo posto tra le più grandi star della storia del cinema ha affascinato intere generazioni di cinefili. Tra i tanti Monica Guerritore, che al Teatro Sistina di Roma fino al 30 ottobre le darà voce e corpo in “End of The Rainbow”. Una commedia musicale in cui, come dice l’interprete, si ride tanto, ci si diverte e alla fine si riflette e si piange.

Com’è interpretare una delle più grandi dive di Hollywood?

“Judy Garland è un personaggio estremamente complesso per la sua storia personale. E’ vero che la madre le dava le pasticche, tra cui la Benzedrina e la Diazepina, per farla lavorare tante ore al giorno. Lei riferendosi a questo diceva “Ci credo che sulla strada di mattoni gialli del mago di Oz ero lì che saltellavo. Per quanta energia avevo in corpo avrei potuto volare”. Oggi, dopo aver studiato tanto la sua personalità, mi domando: Judy Garland si sarebbe accontentata di camminare sulla strada di mattoni gialli o il suo destino era proprio quello di volare in alto?”

Dopo tanta prosa ora la ascolteremo cantare.

“Non ho mai fatto un musical e non mi sto dando adesso al genere musicale. Ho accettato questo personaggio perché illustra la storia di una star in declino, una stella che da luminosissima si stava appannando. Non è un racconto sui primi anni di Judy Garland: non ho quella voce né quella abilità nel ballo. Posso interpretarla ora perché lei stessa faveva fatica a cantare, non ce la faceva più a sostenere un intero concerto. Certo non faccio le ottave, ma anche lei allora non ce la faceva più a farle”.

Cosa la accomuna a Judy Garland?

“Sia il voler bene al mondo che lo stato d’animo. Lei voleva bene al suo compagno, ai suoi musicisti, era disponibile, era una bambina nata per stare in mezzo agli altri sotto le luci dei riflettori e con i costumi di scena. Anche io sono un po’ così. Voglio bene alle persone con cui lavoro, sono positiva, recito da quando ero adolescente quindi non ho paura del palcoscenico, del pubblico, di voi che mi guardate. Io e lei sul palco ci sentiamo a casa”.

Se potesse parlarle cosa le direbbe?

“Le direi grazie perché la sua luminosità ci accompagna ancora anche se noi siamo una generazione diversa. Grazie per essersi data così tanto e per aver sorriso fino alla fine. Grazie anche per i suoi capricci, per essere stata una diva, per averci fatto sognare”.

Purtroppo non la rivedremo nella seconda stagione di “Non uccidere”.

“Ho detto no a Netflix, non farò la seconda stagione di “Non uccidere”. Questo perché il personaggio di una fiction, soprattutto se a lunga serialità, ha bisogno di crescere ed è l’interprete che lo deve accompagnare in questa crescita, non un estraneo che si mette a scrivere in una stanza asettica. Ho chiesto di contribuire alla scrittura del personaggio di Lucia Resta in fase di sceneggiatura e mi hanno detto di no”.

Amava così tanto questo personaggio?

“Diciamo che la madre assassina di Miriam per poter raccontare in altri dodici episodi una storia densa e coinvolgente aveva bisogno delle corde dell’interprete. Ho sentito il bisogno, come accade non solo in America ma in tutto il mondo, di collaborare al mio personaggio ma mi è stato negato e io o faccio le cose che hanno un senso per il pubblico o non le faccio. Faccio questo mestiere soprattutto per passione e per crescere come interprete”.

Cosa non le quadrava nella sceneggiatura della seconda stagione?

“Questo personaggio che nelle prime dodici puntate sono riuscita a raccontare possiede un suo vissuto misterioso che aveva un senso ma poi in un secondo momento necessariamente doveva esprimere un suo mondo. In Italia non c’è nessun rispetto per gli interpreti e quindi il mio desiderio non è stato ascoltato. Vi faccio un esempio: nella sceneggiatura c’era scritto che Lucia appena uscita di galera andava a casa e faceva uno sformato. Come l’ho letto ho detto: no, ma siamo matti. Escluso. Tu torni libera dopo 20 anni e fai lo sformato. Chi poteva sapere meglio di me cosa provavo nel ritornare a casa mia dopo tanti anni e vedere la camera dove è morto mio marito. Io lo so meglio di te, fidati. Ho fatto 40 anni di testi, saprò come si scrive. Infatti Woody Allen mi ha autorizzato a fare la sceneggiatura della versione teatrale di “Mariti e Mogli”. Un motivo ci sarà”.

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Photo credits: Ufficio Stampa Teatro Sistina

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