Non è in lutto soltanto il mondo del cinema. E’ in lutto tutto il Paese. Perché nella serata di ieri, 19 gennaio, all’età di 84 anni si è spento il maestro Ettore Scola. Un artista indiscusso, che ha segnato in modo indimenticabile le scene – e la storia – italiane con titoli come C’eravamo tanti amati, Una giornata particolare, Brutti, sporchi e cattivi (con cui nel 1976 ha vinto il premio per la miglior regia al Festival di Cannes), La famiglia.
Nato a Trevico in provincia di Avellino il 10 maggio 1931, Scola è morto a Roma, nel reparto reparto di cardiochirurgia del Policlinico Gemelli. Era in coma da era in coma da domenica sera. Oltre a quello di Cannes, nell’arco della sua lunga carriera ha conquistato numerosi altri riconoscimenti fra cui 8 David di Donatello. E’ stato inoltre candidato quattro volte all’Oscar, rispettivamente con i film Una giornata particolare (1978), I nuovi mostri (1979), Ballando ballando (1984) e La famiglia (1988). Purtroppo non è mai riuscito a ottenere la preziosa statuetta, ma in fondo poco importa: il suo talento resta comunque indiscusso. Così come indiscussa è la stima che il pubblico italiano ha sempre nutrito nei suoi confronti. Una stella. Eppure è sempre rimasto una persona semplice, poco avvezza ai riflettori, sempre in prima fila nelle lotte per la difesa dei diritti civili e dell’arte. Ironico, sempre estremamente lucido in tutte le sue analisi, Scola ha anche fatto parte del governo ombra del Pci nel 1989 con delega ai Beni Culturali.
Prima di dedicarsi anima e corpo alla regia, ha lavorato come sceneggiatore. Tutto è cominciato negli anni Cinquanta. Ha firmato con Age e Scarpelli copioni celebri fra cui quello di Un americano a Roma (1954), La grande guerra (1959) e Crimen (1960). Il debutto alla regia è avvenuto nel 1964 con Se permettete parliamo di donne, cast composto da Vittorio Gassman, Nino Manfredi e Marcello Mastroianni. Da allora, Scola non ha più smesso di girare grandi film. Mancherà. Ma ci sarà per sempre.
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