Lunga l’intervista fatta da Vittorio Zincone a Checco Zalone per il settimanale Sette, inserto de Il Corriere della Sera. Lunga, interessante. E illuminante. Luca Medici è il fenomeno del momento, col suo film Quo Vado? ha raggiunti risultati mai visti nel mondo cinematografico nostrano: gli incassi stanno per raggiungere quota 66 milioni di euro. Roba da matti. E lui accetta di analizzare questo fenomeno e di raccontarsi, con l’ironia e la lucidità che lo rendono un indiscusso numero uno. I critici lo accusano di essere troppo indulgente verso i vizi degli italiani? “È vero – conferma – Di questo schifo che siamo noi italiani, penso che qualcosa vada salvato. È il motivo per cui ho successo. Non mi piace puntare il ditino dall’alto di un piedistallo“.
Tutti lo osannano, tutti lo chiamano, lo cercano e lo corteggiano. Renzi gli manda sms, Piersilvio Berlusconi lo invita a pranzo. I critici versano fiumi di inchiostro e i politici cercano di “contestualizzarlo”, di collocarlo da qualche parte. E’ Cecchomania. Lui tiene i piedi per terra, assiste divertito a tutto questo casino, conserva uno sguardo disincantato e non si lascia certo incantare. Nemmeno adulare. Difficile, molto difficile che uno così finisca per montarsi la testa. Parla del rapporto con Gennaro Nunziante, il regista con cui ha realizzato tutti i tuoi film (“siamo una coppia di fatto“) e ammette che “il 90 per cento delle idee che ci vengono… le cestiniamo. La canzone del film di quest’anno inizialmente doveva essere Facci sforare, un pezzo cantato da bambini europei e dedicato alla Merkel. Ma l’attualità ha fatto sì che tagliassimo tutto. Ci siamo concentrati sulla pubblica amministrazione. Dopo la nomina di Raffaele Cantone all’Expo e il gran parlare di corruzione e concussione, cazzeggiando ci siamo chiesti che cosa fossero davvero. È nata una prima scena“.
Dopo di che non sapevano come andare avanti; sono riusciti a sbloccarsi seguendo “il metodo di Gennaro“, che consiste nel lavorare confezionando blocchi da sei minuti: “ogni sei minuti un tema, che si collega indissolubilmente a un altro blocco“. Anche per Quo vado? è stata rispettata tale divisione; il primo blocco coincide con la descrizione del personaggio “ossessionato dal posto fisso“, il secondo è il racconto del licenziamento, il terzo è la mobilità, il quarto è il Polo Nord. Pietro Valsecchi della Taodue, ovvero colui che produce i film di Zalone, non se ne sta mica zitto e buono. Anzi: “Abbiamo avuto liti che sono durate giorni interi“. Ma evidentemente anche questa è una cosa buona e costruttiva.
Poi arriva la questione su cui tutti si interrogano: ma quanto guadagna Zalone? Quanto sta diventando ricco? Lui rifiuta di rivelare le sue percentuali sugli incassi ma fa presente che “non monetizzo questo successo“. Quando era a Zelig accettava serate e partecipava alle convention, adesso ha smesso “e, a differenza di molti colleghi, non faccio pubblicità“. Le aziende gli propongono di fare il testimonial, c’è la fila: “Compagnie telefoniche, case automobilistiche… Ti fanno offerte tali che ti senti un po’ coglione a rifiutare“. Eppure rifiuta. Il motivo? “Sarebbe uno schifo. Un tradimento. La gente ti viene a vedere, si diverte, ti vuole bene… tu prendi la tua faccia da cazzo e la metti a disposizione di un prodotto? Non si fa. E non per afflato idealistico, ma per educazione“. Ebbravo Checco. E poi, aggiunge, c’è anche un problema di convenienza.
“Se ti vedono tutti i giorni in tv – spiega – negli spot, quattro volte il pomeriggio e sei la sera, perché poi dovrebbero venirti a vedere al cinema?“. Chiamatelo scemo. Tornando al denaro, Zalone sottolinea che fa un film ogni due anni e il 60 per cento “se ne va in tasse“. Di conseguenza, “alla fine prenderò quanto un discreto giocatore di serie A. Anzi no, quanto uno scarso“. Come investe? Anche su questo fronte mantiene massima riservatezza, limitandosi a dire che è diventato socio di una società che si occupa di post produzione e mixaggi cinematografici”.
E sappiate che non andrebbe mai ospite a Sanremo. La comparsata è pagata a peso d’oro, vero, però “sono soldi pubblici. E se li prendi scoppiano le polemiche. Ti massacrano“. Lui sarà Checco Zalone a vita, dubita ci siano alternative come attore perché dovrebbe “costringere la gente a uno sforzo mostruoso: vedermi recitare senza fare il coglione. Certo, prima o poi non mi dispiacerebbe un’esperienza internazionale“. E vorrebbe interpretare il Maestro Riccardo Muti. Sì, proprio lui. Che è di Molfetta. “Lo farei bambino, già altero e severissimo. E con la maestra delle elementari che lo chiama… Maestro“.
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