Alessio Vassallo è entusiasta. Sono appena terminate le riprese di #Honeymùn, film di Salvatore Accolla di cui “si sentirà parlare parecchio“, assicura. Una storia forte raccontata con toni lievi, una commedia con caratteristiche del road movie che punta i riflettori su un tema di questi tempi a dir poco attuale: l’integrazione fra popoli diversi. Il 32enne attore palermitano anticipa ciò che è permesso – ancora non si può mica svelare tutto – e s’accende. S’accende perché l’argomento, è chiaro, gli sta a cuore. “E’ la storia di un gruppo di Tunisini che sbarca in Basilicata nelle disumane condizioni ormai a tutti note. Poi avviene l’incontro con una band musicale di sfigati e questi ultimi decidono di portare gli stranieri con loro. In giro per l’intera regione. E il film racconta, sia pur con il registro della commedia divertente, proprio l’incontro fra due culture. Mettendo in evidenza la necessità e l’importanza di aprire le porte senza paura”. Perché no, non si deve avere paura del diverso. Ma anzi alimentare la curiosità, che spesso conduce a una solida e autentica unione.
Il tuo personaggio stavolta è…
Non posso scendere nel dettaglio. Anzi, al momento posso solo dire che è la prima volta che affronto un personaggio del genere. E che è uno dei componenti della band. Sono felice di essere stato coinvolto in questo progetto, sia per i suoi contenuti e sia perché sul set si è creata la stessa atmosfera positiva di Fino a qui tutto bene (pellicola di Roan Johnson, anno 2014, ndr). Un gruppo forte che ritengo abbia dato il meglio.
Negli ultimi tempi ti sei misurato con ruoli molto diversi fra loro. Sei anche nel cast della web serie Lontana da me insieme ai giovanissimi Mirko Trovato e Clara Alonso.
E anche questa è stata un’esperienza molto interessante, sia pur per altri motivi. Grazie a Lontana da me, che presto potrebbe approdare anche in tv, ho avuto modo di conoscere meglio il mondo degli adolescenti e devo dire che sono rimasto quasi incantato dalla velocità e l’efficienza con cui utilizzano i social media. Twitter, in particolare. Io ho 32 anni, quindi sono più abituato a Facebook e ai suoi ritmi comodi. Twitter, invece, è la diretta per eccellenza. Un mondo in continuo movimento. E Mirko e Clara hanno un seguito pauroso, roba che io sfiguro e basta.
C’è quindi un effettivo gap generazionale?
Se andiamo a guadare i contenuti più profondi, direi di no. Alla fine abbiamo tutti gli stessi sogni, le stesse aspettative, gli stessi desideri. Forse i trentenni hanno una maggiore consapevolezza rispetto agli adolescenti, ma per il resto cambia davvero poco. Io mi sono trovato benissimo con Mirko e Clara. Ti dirò di più: mi è capitato di riuscire a farmi capire più da un ragazzo di quindici anni che da un mio coetaneo.
Interpreti uno youtuber. Gli youtuber sono i nuovi idoli dei teenagers.
Sì, anche se il mio è uno youtuber un po’ sui generis: parla di filosofia. Il personaggio di Mirko lo sceglie come life coach, convinto che possa aiutarlo a risolvere i suoi problemi e riconquistare la ragazza di cui si è innamorato (la Alonso, ndr). Man mano, però, scoprirà che non ci sono regole e ricette. Nessuno ha le soluzioni in tasca. Perché quando c’è l’amore di mezzo, non esistente l’ingrediente giusto.
Il tuo pubblico, quindi, adesso è più ampio e variegato.
Sì, direi di sì. E ringrazio anche Mirko e Clara, perché quando mi taggano su Twitter mi ritrovo decine di followers in più nel giro di pochissimo: grazie davvero, ragazzi. Scherzi a parte, ha cominciato a seguirmi una fetta di telespettatori che prima era piuttosto distante. Perché Il giovane Montalbano, ad esempio, ha un target completamente diverso.
A proposito de Il giovane Montalbano: il tuo Mimì Augello è irresistibile.
… Grazie! Beh io lo affronto molto seriamente, Mimì. E devo dire che mi piace molto il modo in cui si è evoluto. Nella prima serie prevaleva il suo lato da “femminaro”, nella seconda ha un risvolto più umano. Emerge la sua sensibilità, spesso lo vediamo combattuto, è più ricco di sfumature. Una bella soddisfazione. Ma d’altro canto è un personaggio molto complesso, come tutti gli altri. Il giovane Montalbano ha una matrice letteraria che ne garantisce la solidità ma è anche come uno spartito musicale: bisogna rispettare i tempi alla perfezione, nulla può essere improvvisato e lasciato al caso. Anche i silenzi fra una battuta e l’altra sono fondamentali e bisogna indovinarli. No, non è semplice per niente. Tutti noi facciamo un grande lavoro. E il risultato si vede non solo in termini di audience. Agli occhi del telespettatore ogni immagine che scorre sul video sembra naturale, facile, spontanea. Riusciamo a trasmettere questa sensazione ma le cose stanno in modo del tutto opposto. Anche questo è un traguardo. Il giovane Montalbano è come il pane fatto in casa, richiede una lunga preparazione e passa attraverso tante fasi. Andrea Camilleri deve scrivere le nuove storie, tanto per cominciare. Poi subentra il lavoro degli sceneggiatori, dei produttori, comincia la preparazione degli attori. Ecco, questa è la parte del mio mestiere che amo di più. Quando hai finalmente il copione fra le mani e inizi a studiare.
In che modo ti prepari?
Fino a qualche tempo fa ero contrario all’idea di rivolgermi a un coach, anche perché sono diplomato all’Accademia d’arte drammatica Silvio D’Amico. Poi però ho incontrato una coach davvero in gamba. Una donna. Vive a Vienna, e io periodicamente vado lì – restando una quindicina di giorni – per lavorare con lei. E’ molto utile e interessante anche se a tratti doloroso, perché tutti i personaggi comici hanno dei risvolti profondamente dolorosi. In ogni caso, credo molto nel lavoro precedente all’inizio delle riprese. Se lo fai bene, arrivi sul set che sei davvero quel personaggio lì.
Voi interpreti de Il giovane Montalbano non temete il “confronto” coi colleghi de Il commissario Montalbano? Tu, per esempio, non temi di essere paragonato a Cesare Bocci alias il Mimì in versione matura?
No, anzi. Cesare ha speso bellissime parole per me e ne approfitto adesso per ringraziare e ricambiare. E’ un grande personaggio. Però non esiste il confronto fra “noi” e “loro”, non c’è alcun tipo di paragone. Si tratta di due prodotti distinti e separati. Confesso che prima di interpretare Augello non avevo mai visto Il commissario Montalbano. E tale “verginità” si è tramutata in un punto di forza perché non ho avuto condizionamenti di alcun tipo.
Prossimamente sarai in onda su Canale 5 con la fiction Romanzo siciliano al fianco di Fabrizio Bentivoglio, che interpreta un tenente colonnello dei carabinieri, e Claudia Pandolfi nei panni di un magistrato.
Sì. E’ il mio primo ruolo da cattivo. Sono il vero antagonista. E devo dire che è stato molto divertente. Mi piace ciò che è accaduto finora, cioè il fatto che mi abbiano affidato ruoli molto diversi – anche fisicamente – fra loro. E’ stimolante.
Progetti futuri?
Posso solo dire che sarò co-protagonista, insieme ad altri due colleghi, di una nuova serie Rai. E non vedo l’ora di cominciare a girare.
Soddisfatto della strada percorsa finora? Immaginavi che le cose sarebbero andate così, quando ero uno studente dell’Accademia?
No, non immaginavo tutto questo. Però devo dire che sono stato tenace, studioso e fortunato. Mi spiace un po’ quando vedo colleghi che dopo la prima esperienza televisiva o cinematografica si sentono Al Pacino. Io non sarò mai così, non ci riuscirei neppure. Il mio motto è il titolo del film di Johnson: Fino a qui tutto bene…
Foto by Ufficio Stampa
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