L’Osservatore romano, il noto e implacabile quotidiano edito nella Città del Vaticano, colpisce ancora. E questa volta lancia i suoi strali contro Io e lei, pellicola diretta da Maria Sole Tognazzi con protagoniste Sabrina Ferilli e Margherita Buy nei panni di due donne unite da una relazione sentimentale (qua la recensione). Due donne omosessuali (la prima da sempre, la seconda alle prese col suo primo rapporto saffico). Ebbene, nonostante il film sia andato molto bene al botteghino, sia stato apprezzato anche dalla critica e abbia innegabili doti di tatto ed eleganza narrativa, l’Osservatore romano lo condanna. Non subito, però. All’inizio scrive che “non è di spiacevole visione“, poi comincia con gli affondi: “indiscutibilmente, seppure non dichiaratamente, un film politico“.
Proseguendo calca la mano e mette alla gogna la commedia della Tognazzi, definendola una dichiarazione di “conformismo morale e di rinuncia alle sfide della vita“. Mah. Un parere che appare a dir poco discutibile, considerando la storia raccontata. La storie di due donne che si amano in età matura, fanno i conti con dubbi e ostacoli di sorta e, andando molto al di là dell’appartenenza allo stesso sesso, rappresentano qualsiasi normale coppia che fa i conti con la vita reale. Ma niente, L’Osservatore romano va avanti per la strada.
“La sua morale – continua – è trasparente: non solo l’omosessualità sarebbe da mettere sullo stesso piano dell’amore fra uomo e donna, ma si dimostrerebbe addirittura superiore, più disinteressata, comprensiva, appagante. Perché smarrirsi dunque nei meandri di una famiglia tradizionale, dove si rischia di convivere con un marito pantofolaio e intento a gustarsi la Champions League in televisione, quando è possibile disporre di una creatura dello stesso sesso, capace di condividere gusti e necessità, nonché di prepararci amorevolmente una cena? Così si esprime la regista, per bocca delle sue attrici, e la conclusione è obbligata: le unioni gay devono godere degli stessi diritti, se non addirittura di alcuni privilegi, rispetto a quelle ‘tradizionali’“- Ah beh. In effetti. Ma come si è permessa, la regista, a considerare “uguale” ogni forma di amore? Non sia mai.
E arriva la conclusione: “Il bisogno di una stampella, di qualcosa che ci appartenga e di cui possiamo disporre a piacimento, fa di questo film politico una dichiarazione insieme di conformismo morale e di rinuncia alle sfide della vita“.
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