Sulla scia del successo delle commedie Quasi Amici e del recente campione d’incassi Non sposate le mie figlie! (leggi la recensione sul Velvet Cinema), è uscito giovedì 28 ottobre nei cinema italiani Tutti pazzi in casa mia, adattamento cinematografico della pièce teatrale Une heure de tranquillitè scritta dal giovane Florian Zeller. Protagonista del film l’attore Christian Clavier, volto arcinoto dell’umorismo francese che ha contribuito a internazionalizzarlo grazie a pellicole che hanno ben figurato anche all’estero quali I visitatori (1993), Asterix & Obelix contro Cesare (1999) e Missione Cleopatra (2002) e recentemente proprio Non sposate le mie figlie!, risultato essere il maggior incasso del 2014 e l’ottavo di tutti i tempi in Francia.
In Tutti i passi in casa mia, l’attore presta il volto a Michel Leproux, un dentista egocentrico appassionato di musica jazz. Un sabato mattina si reca al mercato delle pulci e trova un vinile molto raro, il primo del suo artista preferito di sempre. Entusiasta, corre a casa per ascoltare il brano Me, Myself and I seduto sulla sua comoda poltrona in santa pace. Stare da solo si rivela però una missione impossibile anche solo per pochi minuti. La moglie Nathalie (interpretata da Carol Bouquet) gli confessa un vecchio tradimento con il suo migliore amico, il figlio depresso gli porta dentro casa una famiglia di cinesi, la sua amante lo costringe a fare delle scelte riguardo al futuro della loro relazione minacciandolo, un operaio causa ingenti danni alla casa e i vicini organizzano una festa che non fa altro che peggiorare la situazione generale.
La commedia si basa su equivoci e situazioni paradossali, ma la sceneggiatura è meno brillante di Non sposate le mie figlie! e il film si regge quasi unicamente sulla verve comica del protagonista, risultando alla lunga meno coinvolgente. Le risate sono comunque assicurate e il montaggio molto rapido assicura pochi momenti di “stanca”, confermando che anche a livello tecnico il cinema francese si è allineato ai ritmi frenetici hollywoodiani. La satira sulla borghesia arricchita transalpina è meno pungente rispetto all’originale teatrale e scade in alcuni luoghi comuni evitabili, salvati in ogni caso da un finale dolceamaro che riporta il film sui binari di un realismo di cui ogni tanto si perdono le tracce. Spassoso ma non imperdibile.
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