Alla 72esima mostra del cinema di Venezia doveva essere il giorno della famiglia Bellocchio e così è stato. L’ultimo film dell’acclamato regista piacentino Marco, intitolato Sangue del mio sangue, vede nel cast il figlio Pier Giorgio nel ruolo di protagonista, ma anche la figlia Elena e il fratello Alberto. La pellicola è stata presentata nella mattinata di oggi, martedì 8 settembre, e il responso del pubblico in sala è stato positivo, anche se qualche fischio c’è stato (ma “è il bello del Festival” come ha sottolineato ironicamente Luca Guadagnino dopo la proiezione del suo A bigger splash). L’ultima fatica cinematografica è girata ancora una volta nella sua Bobbio, cittadina dell’Emilia Romagna, e risulta ben criptica e poco lineare rispetto alle sue precedenti opere.
Dopotutto questo film è nato quasi per caso, come ha ammesso lo stesso regista, unendo due progetti inizialmente separati. L’idea di congiungerli è stata a lungo dibattuta e ci è voluta una buona dose di coraggio per concretizzarla, sapendo di rischiare molto. Le due storie sono divise anche in modo temporale e hanno come unico denominatore comune il paese vicino Piacenza che ha dato i natali a Marco Bellocchio. La prima parte racconta la vicenda di una suora che si fa accusare di stregoneria nel Medioevo dominato dall’Inquisizione per riabilitare il nome di un frate innamorato di lei che si è tolto la vita. Il tutto sotto lo sguardo affascinato del gemello del religioso. La seconda è invece ambientata nei giorni nostri, con un miliardario russo che intende comprare il convento dove anni prima si è consumata la tragedia. Un’aperta critica socio-politica dell’Italia moderna che non riesce sempre a collegarsi al meglio con il primo troncone della storia.
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Questa ambiguità, però, pare consapevole e d’altronde non ci si poteva aspettare niente di meno da un autore che aveva dichiarato di non voler mai più partecipare a un concorso cinematografico dopo la delusione del 2012 proprio alla Biennale, quando la sua La bella addormentata venne criticato e uscì a mani vuote. Ci è voluto un coraggio da leone (magari non d’oro) per tornare sui suoi passi e l’unica doppia faccia è proprio quella della pellicola, che alla fine della fiera funziona nelle emozioni regalate e proprio nelle sue divergenze, anche stilistiche, risultando una ventata di novità. Vedremo poi come reagiranno critica e pubblico del Toronto Film Festival (in programma dal 10 al 20 settembre), nel quale è in gara assieme ad altre pellicole italiane.
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