C’è una querelle in corso fra Sabina Guzzanti e Dagospia, il noto sito fondato da Roberto D’Agostino. Una polemica parzialmente avvolta dal mistero e che ha come origine La trattativa, film di denuncia diretto dalla Guzzanti che fin dall’inizio del suo percorso ha avuto vita difficile ma che continua comunque a circolare lungo lo Stivale riscuotendo forti consensi. E fin dall’inizio, bisogna dirlo subito, c’è stata la sensazione che Dagospia si schierasse fra i detrattori. Ok. Lo scorso 3 luglio ha rilanciato un articolo di Andrea Giacobino nel quale si legge che “a Roma si è riunita l’assembla della Secol Superbo e Sciocco Produzioni srl che vede la Guzzanti azionista al 95% mentre il restante 5% è della madre Germana Antonucci“. La riunione sarebbe servita per coprire, “mediante parziale utilizzo dei 69.000 euro della riserva di utili portati a nuovo, la perdita di 50.000 euro verificatasi nel bilancio 2014, il secondo esercizio dell’attività, nel quale il fatturato anno su anno è sceso da 217.243 a 154.820 euro“.
Parte di questo calo, continua il buon Giacobino (chissà perché così tanto interessato agli affari della Guzzanti), sarebbe dovuto ai risultati ottenuti proprio da La Trattaviva: “Purtroppo le vendite nelle sale cinematografiche non sono state conformi alle aspettative e il rendiconto del distributore reca un saldo negativo per la società“. Giacobino rincara la dose sostenendo che alla voce dei ricavi “contribuiscono oltre 126.000 euro che arrivano dai contributi pubblici riconosciuti al film-flop dal Ministero dei beni e delle attività culturali“. Perfetto. Che l’opera della Guzzanti abbia ricevuto soldi dal Ministero è una bufala bell’e buona e lo sanno tutti (o moltissimi, perlomeno). Lei, comunque, ha scelto di rispondere sia tramite un video sarcastico diffuso tramite Facebook sia tramite una lettera inviata a Dagospia che, per fortuna, è stata subito pubblicata: “alla produzione del film non è giunto nemmeno un centesimo di denaro pubblico. La notizia di oggi è dunque totalmente falsa e deriva dalla arbitraria attribuzione di una posta del bilancio che ha tutt’altra causale“. Caso chiuso? No.
La Guzzanti si chiede (e ce lo chiediamo anche noi insieme a un’abbondante fetta di pubblico italico) perché Dagospia abbia fatto rimbalzare una simile sciocchezza: “Lo sanno anche i muri che non abbiamo preso un soldo, che ci sia forse un’intenzione vagamente diffamatoria? Contro di me e a favore di chi?“. Qualcuno potrebbe pensare, fa presente Sabina, che ci possano essere in ballo “simpatie per tutta quella gentaglia a cui questo film dà fastidio, tutti quei massoni orribili, quei traditori dello Stato, quei magistrati corrotti, quei giornalisti prezzolati, quegli imprenditori corrotti, quei fascistoni, quei golpisti assassini e complici di assassini…“. Ah, sapere la verità!
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