L’ultimo film in concorso al 68esimo Festival di Cannes, Macbeth, diretto dall’australiano Justin Kurzel (al suo secondo film dopo Snowtown), ha diviso la critica. Durante la proiezione stampa non sono mancati i fischi e i mugolii di dissenso, alternati ad applausi che però non resteranno certo memorabili. Quando invece il protagonista Michael Fassbender è apparso sul red carpet insieme alla sua compagna d’avventura Marion Cotillard, beh la musica è cambiata totalmente. Fassbender è stato accolto con sommo entusiasmo (delirio, in alcuni casi) e non si sa fino a che punto abbia influito la sua innegabile avvenenza. Il suo fascino quasi prepotente. Anche la Cotillard ha fatto notevole effetto con i suoi “argomenti”. Non che si metta in discussione il talento di entrambi, sia chiaro. Ne hanno da vendere. Solo che, messi insieme, sono prima di tutto di grande impatto. Belli, belli da morire.
Quanto al film, non ha convinto del tutto proprio perché sembra puntare parecchio sulla fisicità e sulla potente immagine degli interpreti e mettere quasi in secondo piano la vicenda, o meglio: c’è poco di originale nel modo in cui il dramma skakesperiano è stato restituito e sicuramente alcuni fra i tentativi passati hanno raggiunto un più alto livello in termini di qualità.
Girato nei luoghi originali, ovvero in Scozia (qua le foto dal set), sufficientemente cruento e forte di una fotografia curatissima quanto suggestiva, Macbeth ha alle spalle la The Weinstein Company che di sicuro farà di tutto per promuoverlo in ogni angolo del globo. Fassbender riesce a rendere bene i tormenti interiori del protagonista e l’insoluto conflitto fra sensi di colpa e sete di potere; più debole è l’interpretazione della collega nonostante lui non perda occasione per complimentarsi. Cavalleresca solidarietà.
“La svolta – ha dichiarato Michael – è stato pensare che Macbeth soffrisse di quello che oggi viene chiamato disturbo post-traumatico. Uccidere così tante persone su un campo di battaglia non deve essere stato diverso da ciò che succede oggi ai soldati in Afghanistan e Iraq. La battaglia di Macbeth si svolge prima di tutto nella sua testa“. “Non mi sono mai sentita – ha atto eco la Cotillard – così intimidita da un personaggio. La prima volta che vidi in scena Lady Macbeth era a una recita a scuola: mi dissi subito che prima o poi l’avrei interpretata anch’io, in qualche teatro francese. Farla in inglese è una enorme opportunità“. Il messaggio più importante? “L’ambizione – ha sottolineato l’attore – è pericolosa, lo vediamo nel mondo in cui viviamo. Ma io penso che questa sia soprattutto una storia di perdite: la perdita della coppia, di un bambino, della sanità mentale. E che l’ambizione di Lady Macbeth scaturisca principalmente dal desiderio di riavvicinarsi al marito“.
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