Un emozionato Wim Wenders ha ritirato l’Orso d’oro alla carriera, nell’ambito della Berlinale, che gli dedica quest’anno una retrospettiva di dieci film. La sua ultima opera, fuori concorso, è Every Thing will be fine, con James Franco e Charlotte Gainsbourg. Walter Salles, che gli ha consegnato la statuetta, lo ha definito “uno dei più grandi registi di tutti i tempi”.
Il regista tedesco, che compirà 70 anni ad agosto, ha realizzato oltre 50 film e tra pochi giorni sarà a Hollywood per cercare di conquistare l’Oscar, che manca al suo ricco palmares. Eppure l’autore di “Il cielo sopra Berlino” ha ancora un sogno: dedicarsi alla commedia: “Quando sogno mi capita di pensare a cose che non ho fatto e una di queste, perché non ho avuto il coraggio e perché non credo di esserne in grado, è la commedia”.
Regista, ma anche artista, fotografo, documentarista, il poliedrico Wenders, ha esordito nel cinema con “Estate in città” del 1970, seguito due anni dopo da “‘La paura del portiere prima del calcio di rigore”. Il consenso della critica però arriva con il quarto lungometraggio, “Alice nella città”. Applauditissima, ieri sera, invece è stata la versione completamente restaurata del suo primo successo internazionale, “L’amico americano”, ispirato al romanzo di Patricia Highsmith, che racconta l’amicizia tra due uomini interpretati da Bruno Ganz e Dennis Hopper.
Per i suoi fan la retrospettiva offerta dalla Berlinale è stata un’occasione d’oro: in questi giorni infatti sono stati proiettati film come “Paris, Texas”, la versione completa di “Fino alla fine del mondo”, “Il cielo sopra Berlino”, il documentario “Tokyo-Ga” e “Pina”, omaggio alla coreografa Pina Bausch con il quale nel 2012 Wenders ricevette una nomination agli Oscar. Quest’ultimo è stato anche il primo tentativo del regista tedesco nel mondo del tridimensionale, che ritorna usare in “Everythig will be fine”. Una pellicola, questa, accolta in maniera discordante. La trama si basa sui temi del senso di colpa e del perdono e ha una matrice fiabesca, mentre la rinnovata scelta del 3D, ha spiegato l’autore, è dipesa dalla volontà di avvicinarsi il più possibile al modo in cui gli occhi vedono la realtà”.
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