Questa estate vedremo Ian McKellen (Burnley, Inghilterra, 1939) nei panni di un insolito Sherlock Holmes. Siamo nel 1947 e Holmes, ormai in pensione, ha lasciato la storica residenza di Baker Street 221b per ritirarsi in una fattoria in campagna, accudito dalla governate Laura Linney (Il figlio di Babbo Natale, Il quinto potere). Il passare del tempo ha tolto un po’ di lucidità all’arguto investigatore, dandogli in cambio i dolori tipici della vecchiaia; piccoli malesseri che i suoi interessi non riescono a lenire. Grazie al supporto del figlio della governante Holmes lascia l’apicultura e si rimette all’opera, investigando su un caso irrisolto risalente a 50 anni prima.
Mr. Holmes per diversi motivi è un film inedito, nonostante riproponga un personaggio a cui hanno prestato il volto, tra teatro, cinema e TV, decine di attori. Propone uno Ian McKellen tanto distante dai personaggi che siamo soliti accostargli, tra le varie interpretazioni di Magneto (nella saga X-Men) e Gandalf (Il Signore degli Anelli e Lo Hobbit) e, soprattutto, riveste a nuovo le peculiarità del personaggio, ormai in là con gli anni, che lascia maggiore spazio alle domande sulla vita e sull’amore, chiave di lettura che accompagna tutta la pellicola.
L’investigatore, così come descritto nella letteratura dall’inseparabile Watson, non ha mai nutrito interessi né per la letteratura né per la filosofia; in questo film vengono scardinati due capisaldi del personaggio, lasciando però immacolate le altre lacune di Sherlock: astronomia e politica. La pellicola prodotta dalla Miramax riveste il mito dell’investigatore tutto dedito alla pipa, iconografia che ci arriva dal lontano 1899, ereditata dalle interpretazioni teatrali di William Gillette e trasmutata nel tempo anche grazie ad opere “insospettabili”, come il dottor House, serie TV che ha fatto più di un omaggio al personaggio di Arthur Conan Doyle. Il medico misantropo, geniale come Holmes, ha un solo amico fidato, vive al 211b e inscena la propria morte.