Tim Burton è riuscito a stupire ancora. E stavolta non con le sue visioni, non con le grandi dosi di fantasia, non con le scene stranianti e i costumi bizzarri. No, in Big Eyes il regista statunitense racconta una storia vera. Amaramente vera. Gloriosamente vera. La storia di una delle “più leggendarie frodi artistiche della storia“, avvenuta a cavallo fra gli anni Cinquanta e Sessanta, i cui protagonisti sono Walter Kaean e sua moglie Margaret. Lui divenne ricchissimo e famosissimo grazie agli inconfondibili quadri raffiguranti bambini, bambine, gatti e cagnolini dagli occhi enormi. Trovatelli che si aggirano per il mondo e sembrano anelare affetto. Cercare il modo per liberarsi di un dolore muto e sconosciuto. Desiderare un calore mai avuto.
Opere che catturarono l’attenzione di tutto il mondo. Ma che non erano veramente di Walter, bensì di Margaret. La quale si era prestata a tale truffa per paura del marito e di un futuro in solitudine. Soltanto alla fine, sul punto di chiedere il divorzio, la donna ha trovato – anche grazie a sua figlia, nata da un’unione precedente – il coraggio di reagire. Ha vuotato il sacco, trascinato l’ex compagno in tribunale. Un giudice perplesso ha deciso che l’unico modo per scoprire la verità fosse metterli alla prova sotto gli occhi di tutti. Walter non ha fatto nemmeno una pennellata, fingendo un dolore al braccio. Margaret, invece, ha dato vita a una delle sue creature malinconiche.
Il truffatore è morto nel 2000, in povertà. La “madre” dei trovatelli è ancora viva e dipinge tutti i giorni. Un riscatto dal prezzo altissimo ma dal valore doppio, se non triplo. Ecco, questa storia ha incantato Burton. Stimolato la sua creatività. Nel film, che esce in Italia l’1 gennaio 2015, Margaret ha il volto di Amy Adams e Walter quello di Christoph Waltz. Entrambi particolarmente ispirati. Lui è così sbruffone, così spavaldo, così imbroglione da far venire i nervi. Pure lei li fa venire, perché non reagisce. Perché non si ribella. Fino a quando lo fa, appunto. E allora è un sospiro di liberazione collettivo. E poi ovunque ci sono questi occhi grandi, che qualcuno definisce ancora “brutti” ma noi troviamo incantevoli. I-n-c-a-n-t-a-n-o. Rispetto alle pellicole che fino qua hanno caratterizzato le pellicole di Tim Burton, questa rappresenta un’eccezione. Una gita in territori nuovi. Ma ci sono sempre quei colori forti. Quelle ombre notte. Quelle scintille che fanno pensare a qualcosa di diabolico…
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