Avete presente i cinepanettoni? Certo che li avete presenti, siamo in Italia. Ecco, allora metteteli da parte. In questo caso non c’entrano proprio niente. Magari il titolo, lì per lì, potrebbe trarre in inganno perché contiene la “fatidica” e magica parola. Invece no. Ogni maledetto Natale, commedia scritta e diretta da Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre e Luca Vendruscolo (il trio di Boris, per intenderci), viaggia su binari opposti. Parla della festa per eccellenza, sì, parla del mese di dicembre e degli irrinunciabili cenoni, degli addobbi, dei regali e dei giochi con le carte; ma tutti questi sono ingredienti di una minestra e di una coralità diversa, a tratti inediti. Ogni maledetto Natale fa ridere, anche. Però quelle risate non sono conseguenza di gag, sventole e parolacce, bensì della sfacciataggine. Di quell’irriverenza, quel cinismo, quel sarcasmo, quel crudo realismo che ha decretato il successo – appunto – Boris. C’è pure l’amore, sissignori. Tuttavia le scene romantiche risultano ridotte all’osso, assolutamente secondarie. Qua l’amore brucia le tappe, all’inizio s’illude, ma poi si ritrova a fare i conti con le famiglie di appartenenza che sono assurde nella loro normalità.
OGNI MALEDETTO NATALE, IL TRAILER: GUARDA
Lei si chiama Giulia, è una ragazza dolce e determinata e ha le sembianze di Alessandra Mastronardi. Lui risponde al nome di Massimo ed è interpretato da Alessandro Cattelan. S’incontrano per puro caso in una Roma infiocchettata e splendente, è un colpo di fulmine. Talmente colpo e talmente fulmine che lei invita lui a trascorrere la sera della Vigilia con i suoi. In campagna, in un angolo disperso della Tuscia che potrebbe sembrare un paradiso bucolico e invece diventa scenario di situazioni tragicomiche, spesso al limite del grottesco. La famiglia di Giulia potrebbe essere definita – ma è riduttivo – alquanto singolare. Il padre è Aldo alias Francesco Pannofino, la madre Maria-Laura Morante, gli zii sono Sauro-Corrado Guzzanti e Fano-Marco Giallini, i fratelli Tiziano-Valerio Mastandrea e Rino-Stefano Fresi, la sorella è Antonella-Caterina Guzzanti, il cognato Gaetano- Andrea Sartoretti. E diciamolo: Mastandrea, Fresi e Sartoretti sono assolutamente improponibili. O irresistibili, fate voi. In ogni caso bravi; Mastrandrea conficca quel coltello nel pane in modo magistrale, Sartoretti s’alliscia le lunghe chiome e a guardarlo vengono i brividi (sic) e Fresi sogna di diventare sindaco di Cucuia, già si vede con la fascia. La Guzzanti è irriconoscibile nei panni della sorella tonta, la Morante è la matriarca un po’ frustrata, il padre e gli zii non si smarcano dal ricordo del padre e inseguono miraggi di stessi. Cattelan è più che credibile nei panni del bravo ragazzo apparentemente un po’ goffo ma da non sottovalutare, la Mastronardi è uno zucchero che sa però guardare fisso negli occhi. Perché la dolcezza non è debolezza, al contrario di ciò che pensano in molti.
Comunque questo microcosmo travolte il povero Massimo, che cerca di tener testa ai componenti cimentandosi in cose mai fatte prima e poi però alla fine sbotta, stanco di certi attacchi e malintesi. Giulia non la prende bene e lo manda via. Lui, a terra con tutte le ruote, va dalla sua famiglia. Opposta rispetto a quella di Giulia. Che si muove nel lusso ma anche nell’insoddisfazione, che finge felicità e nasconde solitudine, che punta sull’immagine esterna e sul denaro per camuffare un grande vuoto. Gli interpreti? Gli stessi, da Mastandrea a Pannofino, da Sartoretti alla Morante, dalla Guzzanti a Fresi. Semplicemente indossano altre maschere. Perché in fondo questo è anche un film in maschera. Sfacciato, l’abbiamo detto. Irriverente, che sprizza da ogni poro grande insofferenza nei confronti del Natale e delle sue tradizioni. Si metta pure in conto la protesta degli animalisti, perché c’è di mezzo persino un cinghiale morto ammazzato. Si metta in conto la profonda indignazione dei moralisti, perché un suicidio non è mica una cosa di cui beffarsi. Invece qua ci si fa beffa proprio di tutto. Ogni maledetto Natale. E forse anche nei giorni successivi.
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