E’ fra i titoli in concorso al Festival Internazionale del film di Roma, la cui nona edizione è cominciata lo scorso 16 ottobre e chiuderà i battenti sabato 25; per l’esattezza sarà proiettato in prima mondiale nella sezione Cinema d’oggi e poi, il 13 novembre, arriverà nelle sale. Stiamo parlando de La foresta di ghiaccio, film diretto da Claudio Noce e interpretato da Emir Kusturica, Adriano Giannini, Ksenia Rappoport, Domenico Diele, Rinat Khismatouline e Maria Roveran. Il soggetto è dello stesso Noce, di Elisa Amoruso e Francesca Manieri, Claudio Noce; la sceneggiatura è firmata dalla Amoruso e dalla Manieri con la collaborazione di Diego Ribon.
“Con una tempesta che incombe minacciosa sullo sfondo – si legge nella sinossi ufficiale – Pietro, un giovane tecnico specializzato arriva nella valle per riparare un guasto alla centrale elettrica in alta quota, e si trova improvvisamente di fronte ad una strana sparizione“. Sparizione che avviene proprio durante l’improvviso blackout e in paesino di montagna avvolto dalle tenebre. Nel momento in cui Pietro comincia a capire l’origine del mistero, esplode un conflitto dinanzi al quale la salvezza appare un’utopia. In quei luoghi freddi e ostili tutti sembrano nascondere un segreto: Lorenzo, il simpatico capo tecnico con cui Pietro ha stretto amicizia, si rivela il cassiere di una strana organizzazione; il brusco guardiano della diga, Secondo, è il capo della banda e anche Laura, studiosa di orsi, porta con sé qualcosa di non detto.
La foresta di ghiaccio è un thriller, “un enorme nodo drammaturgico – scrive Noce nelle note di regia – che lentamente si scioglie fino a diventare polvere e vento. È un viaggio nella mente e nel corpo, fatto di tensione e paura che a volte va oltre la comprensione. Ogni dettaglio ha un destino preciso, da ogni parte può arrivare la minaccia. Un incessante percorso a ostacoli dove i personaggi corrono senza sosta“. Pietro è un uomo che aspetta da una vita il suo momento, il momento di entrare in azione, e il villaggio precipitato nel buio è un simbolo: “diventa un’enorme città dove l’inganno si fonde con la menzogna e il senso di colpa è un sentimento troppo fiacco perché sia vissuto. È qui che il branco si rintana, dietro la forza della natura, così da non ammettere il proprio peccato“.