Folla in visibilio. In delirio. E c’era da aspettarselo. Perché gli anni passano, ma il fascino e il carisma di Richard Gere non si scalfiscono minimamente. Sarà anche merito del suo credo buddista e del suo stile di vita super sano, chissà. La star hollywoodiana è arrivata al Festival Internazionale del film di Roma – nona edizione – per presentare il film Time Out of Mind di Oren Moverman, di cui è protagonista e in cui interpreta la parte di un clochard.
E’ un film particolare, che Gere ha anche finanziato perché convinto dell’importanza del messaggio in esso contenuto. Un film in cui i dialoghi sono pochi e grande spazio è invece riservato all’impatto visivo: Gere, vestito di stracci e con una busta di plastica in mano, si aggira per le strade di New York (durante le riprese nessuno, fra i passanti, l’ha riconosciuto) alla ricerca di cibo e riparo, va nei centri di accoglienza e coltiva la speranza di ricostruire un rapporto con sua figlia – interpretata da Jena Malone – che aveva abbandonato tanti anni prima.
“La sceneggiatura – ha spiegato Gere – mi era arrivata tanti anni prima, dieci anni fa, ma non pensavo che si potesse mai realizzare questo film. Anche per questo conoscevo un po’ quel mondo, perché non avevo mai perso il desiderio di fare questo film. Per girarlo ci abbiamo messo solo 21 giorni, un tempo strettissimo. Le riprese sono state fatte tutte con le teleobiettivi perché io mi sono mescolato nella folla e incredibilmente nessuno mi ha riconosciuto“.
“Quando vede un uomo per strada di un certo tipo – ha continuato l’attore – la gente pensa: questo è un fallito, un senza tetto ed evita i contatti pensando forse ‘il suo fallimento potrebbe infettarmi’“. E lui ha sperimentato sulla propria pelle tale realtà, una realtà che nella Grande Mela è fin troppo diffusa: “Sono circa 60.000 i senza tetto di cui ventimila bambini. È anche vero che New York è anche l’unico posto dove per legge i barboni hanno diritto all’assistenza, ovvero a un letto e a due pasti garantiti“.
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