L’ultimo film di Isaho Takahata, regista giapponese di quasi 80 anni, “La storia della principessa splendente” è una favola tradizionale raccontata attraverso un cartone animato, come nella migliore tradizione del Sol Levante. Disegni fatti a mano, ispirati ai vecchi ritratti giapponesi, tratti non precisi ma che lasciano spazio alla fantasia e all’immaginazione dello spettatore. La storia ha un qualcosa di romantico e conserva il fascino di altri tempi, anche se i detrattori non hanno perdonato al regista la non perfetta aderenza del cartone animato con la favola tradizionale.
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Il film è l’adattamento della più antica storia tradizionale giapponese, risalente al X secolo, “Il racconto della principessa Kaguya” e narra le vicessitudini di Kaguya, la principessa della Luna, che viene trovata dentro un bambù da un agricoltore, Okina. La bimba, grande come un dito ma già in abiti principeschi, verrà cresciuta dal contadino e dalla moglie, fino alla maggiore età. Kaguya cresce velocemente, proprio come una canna di bambù, e in poco tempo diventa bellissima, talmente affascinante da destare la curiosità dell’imperatore che la vuole come sposa. La principessa però, dopo aver ricevuto la visita di molti pretendenti, deciderà di rifiutarli tutti e si condannerà ad un triste futuro.
Diverso da Miazaki nella concezione dei personaggi e del racconto, Takahata racconta questa storia a metà tra favola e poesia con un andamento lento, tratti puliti, scarni, disegni semplici che lasciano trasparire la purezza dei personaggi; il regista è conosciuto in Italia soprattutto per i famosi cartoni animati Heidi e Anna dai capelli rossi, veri classici dell’animazione. Ora torna sul grande schermo con questa fatica realizzata con lo Studio Ghibli, da non perdere perché nel nostro Paese verrà proiettata solo dal 3 al 5 novembre, con una serie di eventi speciali.
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