Uscirà nelle sale cinematografiche italiane domani, giovedì 25 settembre, Pasolini di Abel Ferrara (presentato in anteprima durante la 71esima Mostra del Cinema di Venezia): a vestire i panni del poeta e scrittore c’è Willem Dafoe e nel resto del cast figurano Riccardo Scamarcio (nelle vesti dell’amico fraterno Ninetto Davoli che a sua volta recita nella pellicola), Maria De Medeiros (Laura Betti), Valerio Mastandrea (il cugino e biografo Nico Naldini), Giada Colagrande (la cugina Graziella Chiarcossi) ed Adriana Asti (la madre). Il film – coprodotto da Italia, Belgio e Francia – non racconta la vita di Pasolini, ma la sua morte, quindi rivivendo la notte tra l’1 ed il 2 novembre 1975. L’accoglienza nella manifestazione del capoluogo veneto non è stata delle migliori, ricevendo solo pochi applausi.
Il regista ce l’ha messa davvero tutta per proporre allo spettatore una specie di viaggio alla scoperta dell’artista, ma soprattutto dell’uomo, al di là delle leggende e dei fronzoli. Qualcosa però sembra non aver funzionato. Chi si aspetta di vedere un biopic può anche restare comodamente seduto sul divano di casa propria, visto che da Ferrara non ci si può aspettare una semplice biografia. E’ qualcosa di più profondo. Almeno nelle intenzioni. Il pubblico evidentemente potrebbe restare deluso dal poco movimento e dalla trama poco “intrigante”. Non si guarda al passato, come hanno fatto in tanti, ma al futuro di Pasolini. Quello che non c’è mai stato. E chissà come sarebbe potuto essere. Sicuramente una scelta coraggiosa ed innovativa. Peccato solo che il risultato non sia all’altezza delle aspettative.
Forse la pellicola è stata girata con troppa fretta? Alcuni errori sono davvero banali, come se Ferrara fosse uno alle prime armi. Sappiamo perfettamente che è il contrario e quindi dobbiamo cercare qualcos’altro a cui dare la colpa. Forse è proprio questa velocità di cui vi parlavamo prima. Anche Dafoe non ha avuto modo di immedesimarsi al meglio nel suo personaggio – quello principale e che quindi dovrebbe reggere l’intero lungometraggio – come lo stesso Mastandrea. Un riconoscimento solo a Scamarcio e Davoli che hanno convinto pienamente con la loro interpretazione. Troppa poca intensità per un film che avrebbe dovuto lasciare il pubblico con il pathos per 87 minuti di tensione. L’effetto è completamente opposto.
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