Per gli amanti del genere horror ecco una fra le prime proposte: da ieri, 11 settembre, in 204 sale italiane c’è Necropolis – La città dei morti, pellicola diretta da John Erick Dowdle e interpretata da Ben Feldman, Edwin Hodge, Perdita Weeks e James Pasierbowicz. “Scarlett – si legge nella sinossi ufficiale – un’archeologa urbana esperta di alchimia che, seguendo le orme paterne, è in cerca della pietra filosofale. Una spedizione quasi mortale in Iran le consente di scoprire un antico artefatto che contiene la chiave per decifrare quel che nessuno è mai riuscito a decifrare, consentendole di identificare con buona precisione la localizzazione di una stanza segreta nell’intricato cunicolo di catacombe che si trova sotto Parigi. La spedizione, che conta anche un gruppo di esperti dei cunicoli sotterranei, ben presto rivelerà la sua natura di viaggio che non prevede un ritorno“.
Dowdle sceglie dunque di ambientare il suo film in un mondo oscuro e pieno di cunicoli, un mondo che è senza dubbio anche una metafora, ma lo rende fin troppo chiuso e claustrofobico e più volte finisce per creare nello spettatore una sorta di disagio privo di brivido e/o curiosità. Interessante è il percorso compiuto da Scarlett per raggiungere il suo obiettivo, la formazione della sua squadra, la ricerca degli indizi, le scoperte a tratta sorprendenti: ma questa parte ha ben poco di “horror” e molto di investigativo, appunto, e ciò fa pensare parecchio. La sensazione è che si esca fuori tema e non risulta facile capire se si tratti di una cosa voluta o una summa di sbavature. Di certo, chi paga il biglietto con l’aspettative di nutrire paure e avere il battito cardiaco un po’ accelerato… Beh, resta spiazzato.
Il regista punta anche sull’interiorità dei personaggi, cerca di utilizzare la vicenda in sé come strumento per raccontare parallelamente un cammino più intimo: in alcuni momenti ci riesce e anche bene, in altri cade nella banalità e nella prevedibilità. Addentrarsi laggiù comporterà si tradurrà inevitabilmente in una tragedia e qualcuno perderà la vita, ma anche nei momenti clou si riesce a mantenere – in quelle poltrone del cinema – un controllo e una tranquillità… Che sarebbe stato meglio perdere.