E’ un volto noto del cinema e soprattutto della televisione made in Italy. Ha recitato in diversi fim fra cui I ragazzi di via Panisperna e Il partigiano Johnny e fiction di successo come La Piovra, Ris, Distretto di polizia; adesso Alberto Gimignani è in carcere con l’accusa di con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata a furto, ricettazione e riciclaggio. L’attore 53enne ripuliva, sbloccava e poi rivendeva cellulari rubati. Collaborava con una banda di trafficanti di smartphone.
Gimignani era tra i destinatari – insieme ad altre dodici persone – di un provvedimento cautelare del 10 luglio scorso firmato dal gip Massimo di Lauro ma non eseguito perché lui si trovava in America sul set di un film. Tornato in Italia ha scelto di presentarsi spontaneamente presso la stazione dei carabinieri di Roma Centro insieme al suo avvocato. Da lì è stato condotto a Regina Coeli.
Le indagini dei carabinieri sono cominciate nel gennaio 2013 con il monitoraggio di decine di furti di telefonini durante i borseggi di turisti italiani e stranieri nel cuore della Capitale. I ladri, alcuni dei quali fin troppo noti alle forze dell’ordine, consegnavano gli apparecchi a un ricettatore di Piazzale Flaminio. Una parte di essi veniva portata a Porta Portese o a Piazza Vittorio, il resto all’estero. Ben nascosta nei doppifondi di fusti di detersivo. Gimignani, come detto, sbloccava i cellulari digitando le loro sigle Imei su alcuni internet specializzati e pagando cifre modeste; in questo modo otteneva i codici necessari per riattivarli. Il denaro “investito” gli veniva restituito da uno dei capi della banda.
Questi sono i fatti ormai innegabili ma ancora incomprensibili: perché è finito in questo giro? Secondo gli investigatori, il guadagno mensile di Gimignani si aggira intorno ai duemila euro; i modelli ricettati, invece, gliene fruttavano trecento. Oltre a ciò, com’è ovvio, la sua carriera d’ora in poi sarà pesantemente compromessa. Ne valeva la pena?
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