La data di uscita è slittata per motivi non chiari, ma adesso ci siamo davvero: oggi, 8 maggio, arriva nelle sale italiane Lovelace. Ovvero il film diretto da Jon Epstein e Rob Friedman e dedicato alla storia di Linda Lovelace (all’anagrafe Linda Susan Boreman), protagonista di quella Gola profonda che nel 1972 segnò una rivoluzione nella pornografia mondiale e la trasformò in una star indiscussa. Suo malgrado.
Già, perché lei non mirava a diventare una stella dell’industria a luci rosse e a tal proposito basti citare una sua frase per meglio inquadrare la situazione: “In tutta la mia vita ho trascorso solo 17 giorni nell’industria pornografica: non voglio essere ricordata per quello“. La protagonista è interpretata da Amanda Seyfried, che ha messo grande impegno e si vede; la sua interpretazione è intensa e credibile. Lo stesso non si può dire della pellicola in generale: fare un biopic appassionante non è impresa facile e l’intento dei registi – ovvero far luce sulle sofferenze segrete che hanno messo in ginocchio Lovelace – era nobile. Ma tra il dire e il fare… Beh, certe volte ci passa veramente il mare.
La materia a disposizione è tutt’altro che scarna: Linda sposò Chuck Trainor, un uomo violento e possessivo, che la costrinse a girare film hard contro la sua volontà e di certo non le risparmiava botte e maltrattamenti di sorta. Peter Sarsgaard, tuttavia, non è riuscito a infondere in questo personaggio la giusta dose di durezza e cinismo. Di malattia, anche. Non si vede nei suoi occhi il fuoco della follia e più di una volta il racconto scivola nello scontato, perdendo mordente. Non è una bocciatura su tutti i fronti, intendiamoci. Ma il rammarico è inevitabile come dinanzi a qualsiasi buona occasione perduta. O, perlomeno, colta soltanto in parte. La curiosità e la voglia di indagare, in alcuni casi, diventano armi a doppio taglio. Il cast è completato da Sharon Stone, Hank Azaria, Juno Temple, Bobby Cannavale: nomi di spessore, che tuttavia avrebbero potuto essere utilizzati meglio. Molto meglio.
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