E’ costato soltanto quarantamila euro, è stato girato in dieci giorni e, dopo la presentazione del 2012 al Rome Independent Film Festival, è rimasto a lungo nell’ombra. Adesso finalmente torna a galla e da giovedì 24 aprile – grazie all’etichetta Distribuzione Indipendente – sarà nelle sale cinematografiche: stiamo parlano di In nomine Satan, pellicola ispirata all’amarissima vicenda delle Bestie di Satana (la setta che negli anni Novanta fu responsabile di terribili uccisioni e istigazioni al suidicio) che segna il debutto alla regia dell’attore Emanuele Cerman. A dire il vero l’idea iniziale è di Stefano Calvagna, uno che coi fatti torbidi va a nozze; poi, però, lui stesso ha passato la palla a Cerman. Che non s’è certo tirato indietro, anche se non nasconde la fatica – sia fisica che emotiva – di un’esperienza simile.
Diciamolo subito perché è vero: questa pellicola non esalta il satanismo e si concentra piuttosto sul difficile obiettivo di restituire quel pezzo di città nascosta e malata, quelle atmosfere corrotte e viziate, quella noia che ha fatto da sfondo a una delle pagine più nere delle cronache nostrane. Cerman e Calvagna vogliono denunciare un fenomeno sempre più diffuso (dicono che in Italia ci siano circa 600.000 satanisti, ma è forte il sospetto che i numeri siano molto più alti) partendo dal primo omicidio legato alle Bestie di Satana e poi basandosi sulla ricostruzione mediatica di tutto ciò che è accaduto, aggiungendo anche tocchi onirici e permettendo una lettura personale da parte dello spettatore.
Cerman ha lasciato molto spazio all’improvvisazione, “strumento” nella cui efficacia crede da sempre e che in questo caso è ulteriormente rafforzata dalla mancanza di risposte: la vicenda giudiziaria non si è mai chiusa del tutto, ma di certo c’è che tutte le persone coinvolte – sia direttamente che indirettamente – ne porteranno i segni per sempre. E diverse sono morte. In nomine Satan è un film che andrebbe visto per riflettere e per capire, prima di tutto. Qualche sbavatura non manca, tuttavia è comprensibile e si può perdonare. L’aria è tesa, l’argomento scotta: astinersi perditempo.