Gomorra, la serie tv tratta dal libro di Roberto Saviano, è stata accompagnata dalle polemiche fin dalla sua realizzazione. E adesso, le polemiche, minacciano davvero di scatenarsi. Prodotta da Sky e Cattleya, dovrebbe debuttare sul nuovo canale Sky Atlantic il prossimo 6 maggio ma il condizionale è d’obbligo perché vista la situazione non si esclude che possa essere posticipata se non del tutto annullata. Il trailer ha acceso un malumore che sembra incontenibile, soprattutto fra le associazioni anticamorra che operano in quegli stessi quartieri che fanno da location alla fiction, Scampia e Secondigliano in primis.
“La serie mitizza i camorristi“, è il monito di Ciro Corona, membro della cooperativa Resistenza di Scampia e del fondo rustico Amato Lamberti di Chiaiano, confiscato al clan Polverino e poi utilizzato per un progetto di agricoltura sociale. Non piace il modo in cui viene raccontata la vita reale e non piace quel messaggio completamente privo di speranza con cui si apre – in modo fin troppo significativo – il trailer: “Ci sono luoghi dove il male ha un nome antico come la Bibbia: Gomorra“. Il video dura quasi 3 minuti ed è una sequenza di agguati, esplosioni, minacce, traffico di droga e di denaro sporco. “Le colpe dei padri ricadono sui figli. Il male è tra noi“: no, nessuna speranza. Tunnel senza uscita, vita senza ossigeno.
Ed ecco che chi abita quei luoghi e non smette di lottare per la salvezza e per il riscatto… Beh, dinanzi a tale ritratto e condanna sente il sangue ribollire per la rabbia e l’indignazione, soprattutto al pensiero che questa fiction è stata venduta in 12 Paesi del mondo. Un’etichetta mandata in giro nel segno della viralità che sarà difficilissimo – se non impossibile – togliersi di dosso.
Certo, magari i timori superano ciò che poi effettivamente sarà. Magari i personaggi positivi presenti nella sceneggiatura (un papà, un ambulante e un altro personaggio legato al territorio) riusciranno a stabilire qualche equilibrio. Magari. In ogni caso, “inevitabilmente – dice Chiara Ciccarelli del centro Mammut di Scampia tramite il quotidiano La Repubblica – sono operazioni pericolose e ci saranno ripercussioni negative sul quartiere. I ragazzi con cui lavoriamo ogni giorno riproducono, infatti, gli atteggiamenti visti in fiction come Gomorra e in altre serie tv che trattano di mafia e camorra, che finiscono quindi col danneggiare il nostro impegno. Nel caso di prodotti di qualità, c’è la possibilità di veicolare i messaggi in maniera corretta ma il risultato finale rischia comunque di trasformarsi in un boomerang. Come educatrice mi dispiace che la fiction sia stata girata a Scampia, anche se capisco che l’arrivo di una troupe costituisca in ogni caso un’occasione economica e professionale per molti: alcuni ragazzi del Mammut, infatti, hanno partecipato alle riprese, avendo la possibilità di misurarsi con realtà professionali. Il problema di fondo è che c’è una deformazione generale nel sistema che ha quasi bisogno di calcare i mali delle periferie. Finché Scampia subirà la polarizzazione di bene e male non potrà uscire dallo stereotipo di periferia degradata controllata dalla camorra. Eppure il quartiere è pieno di risorse“.
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