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Categorie: Recensioni

Allacciate le cinture: Ferzan Ozpetek è un cacciatore di emozioni

La pioggia battente, l’attesa, l’obiettivo della macchina da presa che sale dai piedi ai volti. Due paia di occhi che s’incrociano, qualche parolaccia, uno scontro. Uno “stronzo”. Sembra finita là. E invece questo è l’inizio di un amore lungo tutta la vita. E’ l’inizio di Allacciate le cinture, il nuovo film di Ferzan Ozpetek, che sarà distribuito nelle sale italiane dal prossimo 6 marzo per un totale di 350 copie. Quegli occhi appartengono a Kasia Smutniak e Francesco Arca, che interpretano rispettivamente Elena e Antonio. Sono i protagonisti, ma non i protagonisti assoluti. Perché anche questa volta Ozpetek ha girato un film corale, popolato da personaggi che con poche scene riescono a lasciare il segno.

La passione fra Elena e Antonio scoppia all’improvviso, cogliendo alla sprovvista prima di tutto loro stessi. Lei è “troppo” per lui, lui è qualcosa che lei non avrebbe mai preso in considerazione. Siamo nel 2000, Elena è fidanzata con il benestante Giorgio (Francesco Scianna) e ha due grandi amici: Silvia (Carolina Crescentini), brava ragazza ma con l’animo turbato da un segreto, e Fabio (Filippo Scicchitano), gay dal cuore profondo e dalla mente veloce, con cui Elena divide un forte legame e un’antica tragedia. Poi c’è Anna (Carla Signoris), la madre di Elena, che da anni apre la porta della sua casa e del suo cuore a Viviana (o Dora, interpretata da una vulcanica Elena Sofia Ricci): è la “zia” dalla personalità disturbata, ma anche qualcosa di molto più importante.

ALLACCIATE LE CINTURE: IL TRAILER UFFICIALE

E c’è un salto temporale di ben 13 anni, al termine del quale tutti i personaggi sembrano aver trovato un equilibrio fra bocconi amari ingoiati nel silenzio, passioni assecondante e desideri repressi insieme a gocce di rabbia, sorrisi autentici e sorrisi tirati. Ma un giorno Elena s’ammala, e il suo male è una tavola che si ribalta dopo essere stata imbandita. Ciascuno, a cominciare proprio da lei e da Antonio, si ritroverà a fare un difficile percorso fra le pieghe dell’anima e alla fine la guarigione – intesa in ogni senso – sarà un traguardo condiviso.

Però diciamolo subito, perché è lo stesso Ferzan a dirlo chiaramente: Allacciate le cinture, la cui sceneggiatura porta la sua firma e quella di Gianni Romoli (che produce anche il film insieme a Tilde Corsi), non si basa tanto sui fatti. Bensì sulle emozioni. E sul tempo, che scorre troppo velocemente e prima o poi qualche conto da pagare lo presenta sempre. E’ anche medico insostituibile, e spesso mette a posto le cose meglio di una madre. Emozioni, tempo. Amore e amicizia, che sono anche i due cardini su cui si basa l’esistenza stessa di Ferzan. Che non mancano mai nei suoi film. L’amicizia, che a un tratto ha il volto di Egle (Paola Minaccioni), sdraiata nel letto di ospedale accanto a quello di Elena. Bizzara, libera eppure prigioniera della malattia e di ciò che non ha mai avuto il coraggio di fare. La solidarietà, che scivola sulle forme di Maricla, ovvero le forme di una magnifica presenza come quella di Luisa Ranieri: rumorosa, accessiva, eppure capace di un gesto che pochi farebbero. Ma la solidarietà ha anche lo sguardo – forse più distaccato, ma è una questione di dovere – di Diana, libri e camice bianco, spettatrice ma “prima di tutto una persona”. Diana è la sempre fremente Giulia Michelini.

L’idea di questo film, Ferzan, l’ha avuta grazie a un fatto reale: “Mi sono ispirato – spiega Ferzan – a una coppia di amici. Ho visto come entrambi, dovendo affrontare problemi piuttosto gravi, siano cambiati nel tempo mantenendo però sempre forte l’intensità del loro amore. La donna non stava bene, aveva subìto una trafsormazione fisica a causa di un incidente. Le chiesi come fossero cambiati i rapporti e lei, guardando suo marito negli occhi, disse: ‘ancora mi desidera’. Questa cosa mi commosse tanto, ebbe su di me l’effetto di una bomba. Arrivati a un certo punto della vita diventa indispensabile fare i conti con se stessi e chiedersi: a che punto è il nostro amore?“. Parliamo di amore puro. Quello in grado di superare anche la fisicità…

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