Amori elementari (guarda il trailer) di Sergio Basso – al cinema dal 20 febbraio – racconta un periodo molto particolare per ogni persona: quello della pre-adolescenza. Sono rari i film che trattano questa fascia d’età, al contrario di quelli sugli adolescenti che sono un’infinità. Il regista racconta con umorismo e leggerezza i primi amori di chi ha tra i dieci e gli undici anni. I protagonisti provengono da parti del mondo differenti, ma sono legati dalla passione per l’hockey su ghiaccio e per il pattinaggio artistico. Nei panni della loro istruttrice – un po’ Fata Turchina – c’è Cristiana Capotondi. Il gruppo è formato da Matilde, Tobia, Katerina e Aleksey (questi ultimi due sono russi). Un giorno però arriva Agata e la gelosia di Matilde si scatena: entrambe sono infatuate di Tobia. Chi avrà la meglio? C’è anche il timido Ajit (figlio di immigrati indiani) che però è innamorato di Matilde: riuscirà a conquistarla?
La sceneggiatura (che porta la firma di Marina Polla De Luca, Marianna Cappi e lo stesso Basso) sembra scritta con la disarmante innocenza e l’ingenua ferocia dei bambini. Una storia che ha il coraggio di raccontare la fabbrica dei sentimenti, ovvero il periodo in cui ognuno di noi ha iniziato ad armeggiare con le emozioni e a capire come gestirle nella nostra vita. E sono sensazioni che abbiamo provato tutti. Chi non ha mai avuto una cotta ai tempi delle elementari? Sergio – giovane regista milanese che ha recentemente ottenuto una Mention d’Honneur e il Premio Giovani per Diciannove e settantadue dedicato a Pietro Mennea – ha diretto principalmente documentari e questa esperienza gli ha consentito di avere una grande capacità di osservazione che ha espresso pienamente in questo film.
Ma riuscirà davvero a conquistare il pubblico? L’impresa è ardua. Non tutti sono in grado di fare una ricerca interiore e tornare a quell’età. Anche se basterebbe chiudere gli occhi un attimo per rivivere le prime sensazioni delle farfalle nello stomaco. Il coraggio del regista sta proprio in questo: nel decidere di puntare solamente su un certo tipo di pubblico – quello dei bambini – con il rischio di non avere successo. Ma non è detta l’ultima parola.
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