VANESSA CROCINI DA LOS ANGELES – The Square, il documentario dell’egiziana naturalizzata americana Jehane Noujaim che racconta la rivoluzione egiziana degli ultimi due anni, ha conquistato la settimana scorsa il premio come miglior lungometraggio alll’International Documentary Association Awards a Los Angeles e adesso è in pole position per la candidatura all’Oscar. E’ un film importante, che racconta la rivoluzione attraverso le parole di chi ha trasformato un Paese, la sua storia e il modo di farsi sentire e conoscere nel mondo attraverso i social media e le tecnologie audio visive moderne.
La Noujaim accenna brevemente alla dittatura di Mubarak durata 30 anni, che il popolo è riuscito a far cadere nell’estate del 2011. In quei giorni Piazza Tahrir è diventata il simbolo della coesione del popolo egiziano, che ha superato le sue differenze sociali e religiose in favore della libertà e del cambiamento. Durante la Primavera Araba il desiderio di sfuggire all’oppressione violenta e il disprezzo per i diritti umani dei cittadini aveva unito milioni di egiziani; ciò che è avvenuto in seguito però è stato confusione, delusione e tradimento.
I Fratelli Musulmani hanno spinto per le elezioni e sono rimasti entusiasti quando il loro candidato, Mohamed Morsi, è stato eletto presidente. Questo gioco di potere non è stato ben accetto dai giovani manifestanti che avevano combattuto così a lungo per la libertà e non un nuovo regime. Le differenze sono tornate in primo piano la scorsa estate, quando l’esercito ha spodestato il successore di Mubarak, Mohamed Morsi, e ha iniziato la caccia contro i suoi seguaci, i Fratelli Musulmani, che vedevano nel nuovo eletto un ritorno alla pace del Paese. Le immagini della polizia militare che apre il fuoco sulle folle di manifestanti sono forti, senza pietà, difficili da guardare e da accettare come azioni fatte da “servitori della volontà popolare”.
The Square fa parlare tutti: dagli attivisti ai fratelli musulmani fino ad ufficiali militari e del governo, le cui interviste spiegano ancora di più la frustrazione dei manifestanti. Il documentario segue un gruppo di attivisti cosmopolita e culturalmente informato, con grande apertura mentale e buon senso. Ahmed Hassan appartiene alla classe operaia. La sua energia è una guida importante durante tutto il film. La sua missione è unire il popolo egiziano nonostante le diversità. I suoi discorsi in piazza mostrano una determinazione unica e instancabile e anche un linguaggio forse ingenuo ma sempre pieno di entusiasmo e pronto al rinnovamento.
Khalid Abdalla è un attore e figlio di un dissidente egiziano in esilio. Il suo è un volto ben conosciuto grazie a Il cacciatore di aquiloni e United 93 e il suo ruolo è fondamentale non solo per il documentario ma per il gruppo di attivisti stessi. Khalid infatti mette a disposizione uno spazio di sua proprietà importante da un punto strategico da cui gli attivisti possono filmare i pestaggi che si svolgono a pochi metri di distanza. Il suo motto durante la rivoluzione è “Camera Is The Weapon”, La telecamera è la nostra arma. La creazione di un canale YouTube e le varie pagine su Facebook mostrano una mente innovativa, creativa e soprattutto capace di organizzarsi in rete.
Un altro personaggio divenuto uno delle figure simbolo della Primavera Araba è il cantante Ramy Essam, che attraverso le sue canzoni anti-Mubarak parla dell’oppressione e frustrazione e del vero significato di democrazia. Le immagini delle cicatrici dopo le sevizie ricevute dall’esercito in prigione però ci mostrano quanto gli ideali possano svanire molto velocemente. Magdy Ashour è un membro dei Fratelli Musulmani. Un uomo fondamentalmente legato al suo passato, la cui storia è legata alle torture subite dall’esercito di Mubarak.
The Square è un film immediato e visivo. L’arte di strada, quella fatta spesso illegalmente alla Banksy per essere chiari, guida lo spettatore nella cronaca della rivoluzione e lo catapulta in quelle immagini colte al volo, di nascosto o all’improvviso in un continuo stato di suspense e di agitazione. Non a caso la regista è stata anche arrestata durante le riprese prima di essere aiutata da un avvocato che ha ottenuto la sua liberazione. Il film è una testimonianza storica importante di come le nuove tecnologie audio visive e i social media abbiano fatto la differenza rispetto a tutte le rivoluzioni precedenti. Da YouTube a Facebook, il messaggio dei rivoluzionari si è diffuso in tutto il mondo. Non solo a Il Cairo, ma in Turchia, in Siria fino agli Stati Uniti e in tutto il mondo, la nuova società del ventunesimo secolo ha una propria coscienza e deve parlare. The Square non parla: urla.
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