Valeria Golino è tornata. Donna “tosta” per un ruolo “tosto”. E bellissimo. E struggente. Ieri, 9 novembre, fuori concorso è stato presentato al Festival Internazionale del Film di Roma Come il vento, film diretto da Marco Simon Puccioni che uscirà il 28 novembre ricostruisce la storia (“Tosta”) di Armida Miserere, direttrice del carcere di massima sicurezza di Sulmona morta suicida dieci anni fa. Una delle prime donne messe alla guida di un istituto penitenziario italiano. Valeria Golino è tornata. Proprio nei panni di Armida Miserere. La “fimmina bestia”, come la chiamavano i detenuti.
E Valeria, ancora una volta, ha dimostrato di saper dare il meglio di sé in questi ruoli complessi, in queste vesti scomode e difficili. La Miserere dedicò l’intera esistenza al lavoro, e forse per certi versi finì per esagerare: “Il film – precisa la Golino – non vuole celebrare un’eroina ma indagare la vita di una donna comune, forte e fragile, immersa totalmente nella lotta per una giustizia giusta“.
Sembrava tutta d’un pezzo, Armida. Mossa principalmente dalla sete di giustizia. Ma bastava andare un po’ più a fondo per scoprire un cuore caldo. Che batteva per l’educatore Umberto Mormile, ucciso dalla criminalità organizzata e adesso portato sullo schermo da Filippo Timi. La sua scomparsa segnò profondamente la Miserere, che in seguito si mise alla ricerca forsennata della verità sull’omicidio: “volevo cercare di capire – dice Valeria – come si resiste di fronte a un’esperienza così tragica“.
E’ una pellicola che merita attenzione, per mille motivi. Per conoscere meglio quella donna, il contesto in cui si muoveva, le sue battaglie vinte e pure quelle perse. Per assistere al lavoro di un regista mosso dalla passione. Per vedere la Golino alle prese con questa sfida. In estrema sintesi, perché a volte bisogna fermarsi e riflettere: “Credo – ha detto l’attrice in un’intervista alla Stampa – che negli ultimi anni della sua vita si fosse accentuata la dicotomia tra come era davvero e come veniva percepita. Non dimentichiamo che la Miserere era una donna-capo che si muoveva in ambito maschile e maschilista in cui non era facile rivestire il suo ruolo. A Pianosa era l’unica donna, in mezzo a 700 uomini“.
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