Eccolo, Giordano De Plano. Aspetta che il semaforo si faccia verde per attraversare la strada; è alto, asciutto, ha gli occhiali da sole e la barba lunga. Ha cambiato faccia un’altra volta, del resto fa parte del suo mestiere d’attore. Questa è la faccia che avrà per la sesta stagione di Squadra Antimafia, le cui riprese sono cominciare alla fine di agosto. Anzi, per essere più precisi questa è la faccia che avrà l’ispettore Sandro Pietrangeli, uno dei personaggi storici e più amati della fiction in questione. Componente della Squadra Duomo, è un ex agente sotto copertura; sempre pronto a entrare in azione, dotato di cuore grande ma anima irrequieta, nel corso degli anni Pietra – questo il suo soprannome – è passato attraversi vari cerchi di fuoco, ha più volte mostrato di essere un bravo poliziotto ma è anche finito nei guai. La quarta stagione, per lui, si è conclusa con la cattura del killer Nerone. Che, però, gli è costata moltissimo in termini fisici: entrambi sono caduti da un palazzo. L’inizio della quinta serie (stasera la seconda puntata, leggi le anticipazioni), dunque, ha mostrato un Pietrangeli in riabilitazione. Che scalpita per tornare in campo ma al tempo stesso è consapevole della necessità di rallentare.
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Sei nel cast di Squadra Antimafia dalla seconda stagione: non ti senti stanco neanche un po’?
Stanco di Pietra o di Squadra (ridacchia, ndr)? Non posso stancarmi di un personaggio così complesso, sempre pieno di problemi, imprevedibile. E’ vivo per miracolo, questa quinta stagione è per lui una sorta di licenza poetica: con un volo di quel genere, avrebbe dovuto essere morto e sepolto. E invece gli autori vogliono che viva ancora. Forse perché piace al pubblico, non ha i superpoteri e ciò lo rende interessante. I telespettatori non sono stanchi di lui e io non sono stanco di loro.
Che rapporto c’è fra Giordano e Sandro?
… Dopo cinque anni, per certi versi, Sandro vive di vita propria. E’ tanta la contaminazione fra me e lui. Con questo non voglio dire che siamo diventati uguali, eh. Ci sono tante differenze: per esempio, lui va in giro armato e io no… Anche se non mi dispiacerebbe (se la ride ancora, ndr). Lo sforzo mio e di chi scrive la storia consiste nel cercare ogni anno un aspetto ancora non conosciuto di Pietrangeli. Nella quinta stagione, come dicevo, è in piedi per miracolo. Deve convivere con seri problemi fisici e, per questo, diventa più saggio. Meno kamikaze, meno istintivo. Questo suo lato, dunque, non l’avevo ancora sperimentato.
Dalla prima puntata è sembrato di capire che il rapporto con Calcaterra/Marco Bocci si fa più stretto.
Esatto. E’ una stagione, questa, più basata sui rapporti. Rapporti lavorativi, di amicizia, sentimentali. C’è sempre un ritmo serrato, ci sono le sparatorie e tutto il resto, ma c’è anche una bella azione “interna” fra i vari personaggi.
Pietra trova anche l’amore.
Beh, diciamo che entra in scena questa figura femminile che avrà un ruolo importante nel suo processo di cambiamento e maturazione. Diciamo anche che, rispetto al passato, prima di buttarsi fra le fiamme imparerà a pensarci due volte.
Sei soddisfatto di come hai lavorato?
Non ho visto nulla, non ho idea di cosa ho combinato! In genere, però, non sono mai del tutto soddisfatto. Sicuramente avrò commesso qualche sbaglio, sicuramente avrò azzeccato qualche scena…
State girando la sesta stagione: come ritroveremo Pietrangeli?
Non posso dire nulla, ovviamente. Solo che si chiuderà il cerchio e si tornerà fino al punto in cui tutto è cominciato. Succederanno tante cose interessanti nella sesta stagione di Sam, non nascondo il mio entusiasmo.
Ti spiace per i colleghi che, man mano, stanno abbandonando il cast?
Certo. Mi spiace sia per Giordano che per Pietrangeli. Ma è naturale, fa parte del gioco. Prima o poi toccherà anche a me. Mi mancano molto Alice Palazzi e Francesco Mandelli (alias Fiamma Rigosi e Luca Serino, ndr), perché la mia esperienza con Squadra Antimafia è cominciata con loro. E perché con entrambi c’è anche un bel rapporto di amicizia.
Non credi che, dopo tutto questo tempo, Pietrangeli meriterebbe maggiore spazio?
Non sta a me deciderlo. E poi questo personaggio ha più importanza di quanto sembri. Le fiction sono come il Giro d’Italia: senza il lavoro di squadra, il capitano non può arrivare in alto. Io mi sento un gregario della recitazione, mi piace agire dal posto in cui sto. Non mi interessa essere sempre sotto i riflettori e sono così anche nella vita privata: cerco di essere visibile il meno possibile. Anche a costo di sembrare un po’ antipatico, a volte… Ma non voglio presenziare, andare alle feste, diventare una sorta di manichino.
All’inizio di questo 2013 hai portato in scena lo spettacolo teatrale Oscillazioni; ripeterai quell’esperienza?
Non so, sotto molti punti di vista la considero un’esperienza conclusa. Avevo voglia di mettermi alla prova, stando da solo sul palco (è un monologo, ndr) e confrontandomi con un personaggio estremo. Adesso mi piacerebbe fare teatro, sì, ma condividere la scena. Magari proprio con Mandelli: è da circa un anno che pensiamo di recitare insieme in Rosencrantz e Guildenstern sono morti, siamo alla ricerca di un produttore ma non è facile trovare i fondi. Prima o poi lo faremo, ne sono certo. Riprendere un discorso artistico con Francesco è un mio grande desiderio e mi piacerebbe vederlo interpretare proprio quella parte.
Teatro, dunque. Ma non pensi al cinema?
Certo che ci penso, però ho quasi paura di parlarne e resta il mio sogno nel cassetto. La crisi ha tagliato le gambe al cinema, le possibilità si sono molto ridotte. Il teatro, invece, ancora puoi farlo con un palcoscenico e due lampadine. Ho fatto un piccolo ruolo nel film Senza nessuna pietà, che segna il debutto alla regia di Michele Alhaique, ed è stato un vero piacere trovarmi al fianco di colleghi come Pierfrancesco Favino e Claudio Gioè.
Il 2013 sta per finire: com’è andato, mettendo tutto sul piatto della bilancia?
Dal punto di vista lavorativo è stato soddisfacente: ho avuto la possibilità di fare televisione e teatro, sto bene. Certo, spero che arrivino altre occasioni. Per quanto riguarda la sfera personale… Beh, work in progress.
Foto by Rebeca Willig
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