VANESSA CROCINI DA LOS ANGELES – Uscito lo scorso mese fa nei cinema americani, Blackfish, diretto da Gabriela Cowperthwaite, racconta la vera storia di Tilikum, un’orca marina catturata nell’Oceano Atlantico nel 1983 all’età di due anni e che si trova tuttora in cattività presso il parco di SeaWorld ad Orlando, in Florida. Un mammifero maschio di sei tonnellate, costretto ad esibirsi e vivere in un ambiente troppo piccolo per un animale abituato a nuotare ogni giorno per circa 800 chilometri. E non è forse un caso che Tilikum sia stato il responsabile della morte di tre persone dal 1991. Infortuni e incidenti mortali causati anche da altre balene che sono stati minimizzati (o nascosti) dai rappresentati dalla famosa catena di parchi acquatici SeaWorld, e attribuiti invece ad errori umani.
La regista Cowperthwaite non ha paura e il suo film denuncia, come aveva fatto The Cove, puntando le telecamere su SeaWorld, il cui simbolo è proprio il grande mammifero bianco e nero che ogni anno attrae milioni di visitatori all’interno delle sue strutture. Colpita dall’articolo uscito nel 2010 dopo la morte di Dawn Brancheau, considerata una delle trainer più sicure e brave nell’ambiente, la Cowperthwaite ha capito che c’era qualcosa di poco chiaro e ha approfondito la sua conoscenza sulle orche, intervistando molti esperti in materia: da animalisti a trainer fino a quei pescatori che, in maniera brutale, catturavano questi mammiferi, trenta anni fa.
Le orche sono abituate a vivere in famiglie e comunità, ognuna delle quali ha una lingua e una cultura ben distinta. Sono animali che hanno un cervello molto sviluppato e dal livello emozionale superiore a quello dell’uomo. La cosa che sorprende è che non vi è nessuna testimonianza di attacchi di orche marine all’uomo se non in situazioni di cattività, dove spesso questi animali vengono puniti e privati di cibo per non eseguire perfettamente i loro numeri e dove i maschi sono spesso aggrediti dalle femmine presenti nella stessa vasca.
Il tutto ovviamente è confutato dal personale di SeaWorld che informa i visitatori che un’orca in cattività vivrebbe più a lungo rispetto ad una orca in un oceano. E’ chiaro invece che tutti i comportamenti irregolari mostrati da questi animali sono sintomi di una psicosi dovuta a frustrazione e noia. Blackfish è un documentario ben fatto e di alta sensibilità e suspense, soprattutto quando vengono raccontati alcuni degli attacchi delle orche, mostrati da filmati dalle telecamere di sicurezza e altri amatoriali girati duranti gli spettacoli.
Manca però l’altra faccia della medaglia, in quanto nessun rappresentante dei parchi SeaWorld ha voluto rilasciare un’intervista per il film, considerato non attendibile. Ma tutto questo non ha bloccato le diverse manifestazioni all’interno di alcuni dei parchi della catena organizzati a pochi giorni dall’uscita del film per puntare l’attenzione sui fatti presentati nel documentario. Molti degli ex trainer sono infatti i maggiori sostenitori di questi eventi.
Blackfish è sicuramente un film importante che, come molte produzioni documentaristiche degli ultimi anni, cerca non solo di focalizzare l’attenzione su temi specifici di denuncia, ma di attuare anche dei cambiamenti veri e propri coinvolgendo il suo pubblico in una vera e propria rivoluzione.
Foto by Vanessa Crocini
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