E’ un periodo intenso, questo, per Stefano Accorsi. Che continua a costruire la sua carriera dosando nel modo giusto le esperienze più diverse e scansando abilmente la sovraesposizione. Il prossimo 12 settembre arriverà nelle sale L’arbitro, opera prima di Paolo Zucca che vede Accorsi protagonista insieme a Geppi Cucciari e del cui cast fa parte anche Francesco Pannofino.
La pellicola aprirà le Giornate degli Autori alla prossima Mostra del Cinema di Venezia e per Zucca è un’occasione di grande importanza: finora, infatti, ha realizzato soltanto cortometraggi. La vicenda, come appare chiaro fin dal titolo, è ambientata nel mondo calcistico; ci sono due squadre avversarie, c’è un arbitro che mira al grande successo (Accorsi), c’è anche una sottotrama che racconta di due cugini, di una faida, di corruzione, di un amore che vuole sbocciare a tutti i costi.
In attesa che di scoprire le reazioni di pubblica e critica, Stefano si prepara a partire per la Puglia: dal prossimo 21 agosto sarà infatti sul set di Madre Terra (titolo provvisorio), nuova commedia di Giulio Manfredonia (Qualunquemente, Tutto tutto niente niente) prodotta dalla Lumière & Co. La sceneggiatura porta la firma di Fabio Bonifacci, nel cast anche Sergio Rubini,Tommaso Ragno e Iaia Forte: è la storia “di una strana antimafia – si legge nella sinossi – fatta piantando fagiolini. E di qualcosa che viene prima della mafia, dell’antimafia e di tutto il resto: la terra, quella che ci ospita, ci nutre e ci seppellisce“.
Si cavalca il tempo, partendo dalla seconda metà degli anni Sessanta: “Nel 1967 Alfio Bonavita si è visto costretto a vendere il suo fertile podere Li Trizzi alla famiglia mafiosa dei Sansone, che gli ha concesso di restare a lavorare la terra come salariato. Alfio insegna a cinghiate a suo figlio Cosimo, che ai Sansone bisogna sempre ubbidire. Trent’anni dopo il figlio del boss, Nicola, ha preso il posto del padre e Cosimo in tutti quegli anni gli ha coltivato il podere: mentre Nicola viene portato via in manette gli dice ‘Pensa alla terra. Nessuno ci deve mettere le mani’. Passano altri 10 anni, siamo all’oggi. Il terreno del boss è stato confiscato dallo Stato anche se Cosimo continua a coltivarlo abusivamente; un gruppo di giovani lo vuole per creare una cooperativa ma questo non piace ai clan, che boicottano l’iniziativa in modi sottili bloccandola da anni“.
I giovani, dunque, chiedono aiuto a un’associazione “esperta sul lavoro in terre confiscate alle mafie di mandare qualcuno ad aiutarli. L’unico disponibile è Filippo, un pavido ‘uomo di carta’, uno che da anni fa l’antimafia lavorando chiuso in ufficio“. Gli ostacoli, per Filippo, saranno numerosi; tanto da far nascere in lui la voglia di tornare a casa, “ma resiste solo perché invaghito della bella Rossana, responsabile della cooperativa; il lavoro sui campi inizia tra mille disastri causati dalla scarsa competenza nel lavoro agricolo delle persone che fanno parte della cooperativa e l’unico esperto, Cosimo, sa fare ma non insegnare, perché il suo sapere non è verbale, si esprime con mani e gesti. Ma appena le cose iniziano ad andare quasi bene, una sentenza della Cassazione annulla una condanna del boss, che esce dal carcere e va agli arresti domiciliari a casa sua“. Vinceranno i buoni o i cattivi, alla fine?
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