Come incominciare la Fase 2 dell’universo cinematografico Marvel dopo “The Avengers“? Il crossover dello scorso anno, che ha suggellato e chiuso la Fase 1, è stato uno tsunami epocale sia nella metafora cinematografica che nel mondo reale del cinema: incassi stellari al botteghino che lo hanno reso il film più redditizio del 2012 e il terzo incasso di sempre nella storia; un’operazione di produzione rischiosissima e difficilissima da condurre in porto; un hype vissuto dai fan in modo quasi spasmodico. Al contempo nella fiction eventi talmente catastrofici, come l’arrivo di divinità nordiche che tentano di invadere la Terra con eserciti alieni, da sconvolgere gli equilibri, costringendo a scelte impensabili che rendono i supereroi realmente tali.
Da qui riparte “Iron Man 3“, conscio di dover riprendere il filo di un discorso e al tempo stesso di inaugurare una nuova stagione di supereroismo Marvel. Merito enorme della Marvel è stato di azzeccare fin dalla prima pellicola il protagonista: Robert Downey Jr. dona il meglio, incarnando alla perfezione “un genio, miliardario, playboy, filantropo“. Downey Jr. è diventato a vita Tony Stark/Iron Man, e sarebbe ormai impossibile per il pubblico immaginare una qualsiasi altra star nel suo ruolo. Ma Tony Stark, dopo i fatti drammatici di New York, non è più lo stesso. Dovrà anzitutto superare i suoi demoni interiori prima di sconfiggere il Mandarino – interpretato da un Ben Kingsley in veste di caratterista – un criminale lunatico che nella pellicola tanto deve all’iconografia di Osama Bin Laden.
Il resto del cast fa ciò che deve: Gwyneth Paltrow interpreta una Pepper con molto più spazio e carattere di quanto siamo abituati a vedere, Don Cheadle invece è solo una spalla simpatica per il protagonista; Guy Pearce riesce a mettere in mostra il suo sguardo affascinante, mentre Rebecca Hall è appena presente, quanto basta per un compitino.
Ma nessuno ha di che lamentarsi: Iron Man è la star, sia come essere umano in carne ed ossa interpretato da Downey Jr. che come nuda armatura pilotata dal supercomputer Jarvis. L’esercito di esoscheletri farà la felicità di qualsiasi bimbo, inoltre la loro presenza ingente sullo schermo prova a donare al film quel senso di coralità a cui “The Avengers” aveva ormai abituato il pubblico.
Tony Stark senza armatura indosso ottiene molto più screen-time del previsto, mentre un redivivo Shane Black recupera finalmente un ruolo di regia e sceneggiatura per un film di successo, cosa che purtroppo gli era stata negata per anni dopo la sfavillante serie di “Arma Letale“. Il regista che soppianta un ormai sazio Jon Favreau – il quale comunque si concede un ampio cameo nel film – non tradisce le sue origini basate su battute veloci infarcite di action, e nelle oltre due ore di film si sorride davvero parecchio. Manca l’epica dei cinecomic maggiori, già vista sia nella saga Marvel che in quella DC, ma “Iron Man” non ha mai avuto pretese di altisonanza: Tony Stark è un cazzaro che nemmeno voleva farlo, il supereroe.
“Iron Man 3” riazzera gli schemi, ritorna alle origini e alla rifondazione del suo protagonista. Si rivela un film che lascia bramosi di nuove scazzottate supereroistiche – ci attendono i nuovi capitoli di Thor e Captain America oltre che l’ancora avvolto dal mistero “I Guardiani della Galassia” – e riesce ad intrattenere piacevolmente il pubblico, merito di un Robert Downey Jr. sopra le righe, istrionico e simpatico come si conviene al suo personaggio. E’ comunque un film migliore del precedente capitolo della serie “Iron Man”; e per certi aspetti, non da ultimo quello tecnico, forse il migliore in assoluto.
Come da tradizione con i cinecomic Marvel, vi raccomandiamo di restare seduti fino all’ultimo secondo dei titoli di coda, la proverbiale scena dopo i crediti vale quasi il prezzo del biglietto. Ultima nota a margine per i più giovani, gli Eiffel 65 erano davvero al top nel 1999.
“Iron Man 3” di Shane Black
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