“Il Cacciatore di Giganti” è un film che vorrebbe essere poderoso come le creature che lo caratterizzano, un film che ha investito un capitale non indifferente nella realizzazione delle stesse e del mondo fantastico in cui è ambientato. Purtroppo non riesce a trasformare il dispendio tecnico in un prodotto commisurato. La pellicola è diretta da un regista a noi molto caro: Bryan Singer, l’autore del cult “I Soliti Sospetti“, dei primi due film della serie “X-Men” e del riuscitissimo “Operazione Valchiria“, tutti ottimi.
La storia è una rivisitazione moderna della celebre fiaba inglese “Jack e il Fagiolo Magico“, ambientata in un’Inghilterra di imprecisati secoli fa. Un giovane agricoltore bramoso di avventure, Jack interpretato da Nicholas Hoult, e la principessa ribelle del regno, Isabelle interpretata da Eleanor Tomlinson, si troveranno ad affrontare i giganti, desiderosi di tornare sulla terra per uccidere gli umani. Al fianco degli eroi il capo della guardia reale Elmont (Ewan McGregor), mentre il mellifluo e crudele Roderick (Stanley Tucci) complotta contro il saggio Re Brahmwell (Ian McShane). Nel corso del film le origini fiabesche della trama sono vieppiù evidenti, ma al contempo sono altrettanto evidenti e dissonanti gli innesti modernisti apportati dal film di Bryan Singer al film. Non si capisce dunque quale vorrebbe essere l’obiettivo del film: una fiaba per bambini, vista la caratterizzazione dei cattivi come brutti? O una fiaba per adulti, visto l’accenno alle dinamiche familiari? O ancora un film d’avventura infarcito di grafica 3D?
Per quanto riguarda i protagonisti della vicenda, Nicholas Hoult risulta forse meno incisivo del necessario, ma almeno rispetto al suo precedente “Warm Bodies” finalmente possiamo apprezzare una certa espressività; mentre Eleanor Tomlinson, già vista in “Educazione Siberiana“, è sempre gradevole sullo schermo. Quel che infastidisce è veder ridotto uno dei nostri attori preferiti, Ewan McGregor, in un ruolo quasi macchiettistico e per di più costretto a portarsi dietro una capigliatura molto hipster, che buca lo schermo e attira lo sguardo del pubblico ben più dei giganti in 3D.
Arriviamo dunque al comparto tecnico della pellicola, che ricordiamo ha un budget di 200 milioni di dollari. L’effettistica è parte fondamentale e preponderante del film, forse troppo. L’eccesso di computer grafica rende il film quasi un videogame, e paradossalmente esalta ogni difetto della realizzazione tecnica dello stesso. Per quanto le creature vogliano essere ben caratterizzate e non solo dei mostri inanimati, le animazioni dei giganti appaiono al tempo stesso curate e innaturali, mentre i paesaggi sono sì colorati, ma plasticosi e finti come non mai. Quando poi l’azione della camera si sposta sui personaggi reali, si nota in un paio di punti una sciateria del set fisico che non aiuta lo spettatore a identificarsi con la storia.
Il film alterna momenti divertenti a scene prolisse o semplicemente brutte da vedere, senza una vera evoluzione se non un susseguirsi lineare di eventi, tant’è che si giunge al finale “rivelatore” quasi senza entusiasmo. Bryan Singer è evidente che avesse molte idee da voler realizzare e anche alcuni spunti interessanti; paradossalmente se avesse provato a raccontare una storia più aderente al mito originario, limitando allo stretto necessario le devianze moderniste o l’uso della CGI, ne sarebbe risultato un film di molto superiore. Lo stesso problema l’ha dovuto affrontare ad esempio Peter Jackson con i suoi adattamenti dei romanzi di Tolkien. Eppure, nonostante una slitta che vola sull’erba, il suo ultimo “Lo Hobbit” è decisamente un film più complesso, più bello e più riuscito pur restando molto fedele al materiale originale. Probabilmente la fiaba di “Jack e il Fagiolo Magico” meritava di essere trattata semplicemente da fiaba, sarebbe piaciuta di più sia ai bambini che agli adulti.
Il Semaforo di VelvetCinema
“Il Cacciatore di Giganti” di Bryan Singer: Luce Rossa