“La Migliore Offerta“, il ritorno di Giuseppe Tornatore al Cinema “quello con la C maiuscola“, è un pugno allo stomaco. Per quanto il film si conceda delle pause forse troppo dilatate tra una svolta e l’altra della trama, si tratta di un’esprienza lacerante per lo spettatore. Non guardate questo film se la vostra fiducia nell’amicizia, nell’amore o nella vita è stata appena infranta, potrebbe esservi letale.
E’ un film che non perdona, stateci attenti. E’ una spirale verso l’inferno, in cui ogni obliqua involuzione è solo apparentemente positiva, per poi rituffarsi verso il basso. Se dovessimo parlarne per sostantivi, sceglieremmo “ossessione, adolescenza, meccanismo”. L'”ossessione” è quel roditore che divora la mente del protagonista, Virgil Oldman, interpretato con bruttezza da Geoffrey Rush. Non vogliamo offendere l’attore australiano, anzi, accostiamo la sua performance a quella di Ernesto Mahieaux ne “L’imbalsamatore” di Matteo Garrone. L’affettato battitore d’asta, celebre, ammirato e invidiato nel suo mondo fatto di antichità preziosissime, è un uomo solitario e schivo, un misantropo paranoico che non toglie mai i guanti per non sporcarsi del tocco altrui. Verrà travolto dall’amore compulsivo per una donna tanto bella quanto sfuggente – un’incantevole Claire interpretata da Sylvia Hoeks, bellissima olandese da noi quasi sconosciuta – per poi veder crollare il suo intero mondo in un finale che non lascia scampo alla follia. La sensazione che tutto sia predestinato alla catastofre è presente fin dall’inizio, con i cori di Ennio Morricone che sembrano più le erinni del teatro greco. Una nota sul Maestro Morricone, che aiuta con le note nel finale a trasmettere la stessa sensazione onirica della fumeria d’oppio de “C’era una volta in America“. Ma dove Sergio Leone lasciava il dubbio e forse la speranza nella mente dello spettatore, Tornatore chiude la porta a qualsiasi varco. Virgil non è destinato alla felicità.
Dicevamo poi “adolescenza”, quella rubata ai protagonisti, in un modo o nell’altro. Quel rito di passaggio da infanzia a maturità mai completamente compiuto, mai completamente affrontato. E che forse neanche gli spettatori hanno mai del tutto superato. Perchè per amare incondizionatamente serve non superarlo mai. Virgil, per via della sua educazione e della sua timidezza, è un uomo al tempo stesso profondamente cinico, profondamente romantico e profondamente inetto. O anche l’adolescenza negata al personaggio di Claire, chiusa nella sua agorafobia fin dai tempi del primo amore mai compiuto. L’adolescenza che andrebbe vissuta al tempo giusto, perchè certi dolori provati troppo avanti con l’eta non rimarginano. La gioventù ha il dono della dimenticanza, invecchiando non si può più dimenticare.
Infine il “meccanismo”, dove ingranaggi si muovono dentro e attorno alla storia, dove tutto è calcolo e azione/reazione. Virgil prova ad agire, crede di farlo, ma in realtà è solo un burattino del fato abilmente manovrato. Il meccanismo del film invece perde qualche colpo. Una durata di pochissimi minuti inferiore, senza intaccare il finale, avrebbe giovato meglio alla pellicola. Tanta era la voglia di Tornatore di consegnare un’opera mirabile che forse non ha avuto cuore di effettuare qualche taglio al montaggio, volendo esporre fin troppo chiaramente gli indizi sul suo protagonista. Resta un’interpretazione di Rush, letteralmente sudata, a tenere in piedi il film.
Fate attenzione a questo film, vi farà molto male. Dato che non è possibile prevedere l’animo e il vissuto di ogni spettatore, non possiamo consigliarne tout court la visione. Ma siamo entusiasti che fino ad ora si sia confermato il miglior incasso italiano di questo inizio 2013. Fosse sempre così.
La Migliore Offerta di Giuseppe Tornatore
Il semaforo di Velvet Cinema: Luce gialla
(Foto: Kikapress.com)
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