Il nuovo film di Wes Anderson supera le aspettative, ripercorrendo il solco del suo più noto capolavoro “I Tenenbaum“. “Moonrise Kingdom” è un film dolce, sensibile e romantico, eppure profondamente cinico e disilluso sul senso morale comune, sulle relazioni familiari e sulle istituzioni della società. Anche la sua ambientazione, a prima vista molto pittosesca, in un eremo statunitense durante un’estate degli anni ’60, è in realtà ancora attualissima: l’isolamento di questo microcosmo a sè stante in realtà esalta alcune peculiarità emotive delle relazioni umane, che sono universali; e al tempo stesso il film esclude qualsiasi velleità di “bel tempo che fu”, seppur omaggiando il periodo con suoni e colori talmente fedeli da ricordare vecchi filmini in Super8.
La trama vede come protagonista l’amore tra due ragazzini, i bravi Jared Gilman nel ruolo di Sam e Kara Hayward nel ruolo di Suzy. Sam è un giovane orfano che si trova a passare le estati in un campo scout su una sperduta isoletta del New England. Inviso ai suoi compagni che lo escludono dal cameratismo del gruppo, è comunque benvoluto dal capo Randy (Edward Norton) in quanto il più capace dei suoi allievi. Suzy è la figlia di prime nozze di Walt Bishop (Bill Murray), noto avvocato che trascorre di consuetudine le sue vacanze nell’isolata località turistica con tutta la famiglia. La sua seconda moglie Laura (Frances McDormand), è anche lei una brillante legale, associata del marito. Dove la loro relazione lavorativa si dimostra efficiente, altrettanto carente risulta il loro nucleo familiare, totalmente disfunzionale per via delle insicurezze e dell’apatia del marito, quanto per la civetteria della moglie nei confronti del capitano Sharp (Bruce Willis), lo sceriffo che vigila sulla quiete della piccola isola. Nel mentre Suzy cresce anche lei come un’emarginata nel suo gruppo, e si trova a intessere prima un’amicizia e poi un amore epistolare con Sam. Improvvisamente una mattina i due ragazzi spariranno, dopo aver organizzato la propria fuga d’amore. Scoppierà quindi il panico degli adulti e inizierà una turbolenta ricerca dei due ragazzi scomparsi.
Il film è letteralmente delizioso, a partire dalla fotografia che più azzeccata non si più, per non parlare dei movimenti di macchina (ad esempio nei primi minuti della pellicola). Onanismi da regista, si dirà, ma Wes Anderson è sempre un piacere per gli occhi. Quello che colpisce poi è l’ottima scrittura del film, che riesce a rendere a pieno i sentimenti dei protagonisti con poche semplici battute miratissime. L’utilizzo dell’ironia e anche del grottesco è evidente in tutta la pellicola, ma non si scade mai nella sensazione di essere troppo oltre il plausibile: certe reazioni degli adulti, certe sovrastrutture morali tipiche della buona borghesia americana, e la crudeltà sopita dei bambini sono perfettamente realistiche ancora oggi.
Le interpretazioni sono decisamente pregevoli: oltre che i due bravissimi protagonisti, colpisce Bruce Willis che spesso associamo a ruoli da macho, mentre qui lo ritroviamo come un buon’uomo di mezza età, sconfitto dalla vita e dall’amore. Ci sentiamo di voler spendere qualche parola specificatamente per “Servizi Sociali” (Tilda Swinton), perfetto cameo di esemplificazione dell’anonima e insensibile macchina della burocrazia.
“Moonrise Kingdom” è una pellicola ironica e gioiosa, profondamente allegra e al tempo stesso in grado di commuovere e di far pensare, e la travagliata fuga dei due ragazzi e l’universo apparentemente distorto dei pensieri e delle azioni degli adulti colpiscono davvero nel segno. Perchè non tutto il grottesco è solo per ridere, e non tutti i mostri fanno paura.
Il Semaforo
“Moonrise Kingdom”: Luce Verde