Davide Silvestri: “Quella volta che scrissi una lettera a Luca Ronconi”

Era biondissimo, con i lineamenti delicati di un principino ma la grinta nello sguardo e in alcuni dettagli del suo look: 4 orecchini sul lobo sinistro, 3 su quello destro, abiti troppo vistosi. Un modo, allora forse inconscio, di esprimere un certa inquietudine. Il desiderio di fare la differenza. Aveva sedici anni, quel ragazzino biondissimo. Davide Silvestri. Nato a Milano, per l’esattezza a Quarto Oggiaro, scuola di vita nel bene e nel male. Quel giorno si trovava poco distante dal centro, alla fermata della metropolitana Moscova. E nello stesso giorno, nello stesso posto c’era anche Desdemona. Non il suo vero nome, questo. Però la chiamavano così, tutti. E lei c’aveva fatto il callo. Desdemona, professione fotografa e talent scout. Donna dall’occhio lungo e forse dotata anche di qualche potere divinatorio. Non se l’è mica fatto sfuggire, quell’adolescente dall’aria vagamente felina. Ha capito subito. E così, con faccia tosta e idee rotonde, l’ha fermato. Gli ha proposto di fare delle fotografie. Lui è rimasto un po’ perplesso, non ha dato subito una risposta. Ha preferito tornare a casa e consultare i suoi genitori. Gente del Sud, che sa darti l’anima ma vuole vederci chiaro. Così, dopo opportune verifiche, è stato deciso per il sì.

Non c’erano ancora le macchine digitali. Desdemona e Davide sono andati sui Navigli e lì hanno realizzato il book. E dandogli la copia del primo scatto, un po’ sfocato, che Davide conserva ancora, lei ha detto: “Ti firmo la mia promessa“. Quale promessa? Beh, che sarebbe diventato famoso. Qualcosa. Qualcuno. Poi Desdemona gli ha fatto togliere tutti quegli orecchini, cambiare vestiti e pettinatura. A operazione compiuta l’ha portato all’agenzia Caremoli di Milano. Che ha decido di ingaggiare Davide e, qualche tempo dopo, anche la stessa Desdemona. Lei è diventata così la sua personal manager, sono arrivati i primi provini e i primi traguardi. E’ Davide quel giovanotto che appare nel videoclip di Da me a te, brano di Claudio Baglioni. E poi pubblicità, diverse. Fino a quando Patrizia Amico ha suggerito di tentare il casting relativo alla soap opera Vivere, che stava cominciando proprio allora. Davide, che recitava soltanto seguendo il suo istinto, è stato preso. E in quella squadra è rimasto per quattro anni. Desdemona, occhio lungo e poteri divinatori, gli ha regalato Il ritratto di Dorian Grayperché tu sei come Dorian“. E non poteva ancora sapere, Davide, che il suo debutto sulle scene teatrali sarebbe avvenuto proprio con quell’opera.

Dopo Vivere e dopo l’esperienza all’Isola dei Famosi hai preso una decisione. Che forse, anzi sicuramente in pochi avrebbero preso al posto tuo.
Vedi, fino ad allora era successo tutto molto velocemente anche se senza alcuna particolare aspettativa da parte mia. Ero grato a chi aveva creduto nel mio talento, a cominciare dal produttore creativo di Vivere Daniele Carnacina. Ero felice del mio primo spettacolo teatrale. Ma subito dopo ho capito definitivamente che non volevo più essere considerato principalmente per l’aspetto fisico. Volevo essere considerato prima di tutto “bravo” piuttosto che “bello”.

E t’è venuta l’idea di scrivere una lettera a Luca Ronconi, tanto per cominciare.
Sì. Gli ho scritto una lunga lettera spiegandogli che sentivo che la tv mi stava facendo bruciare le tappe, che correvo il rischio di essere etichettato come il belloccio senza arte né parte, che sentivo il bisogno di invertire la rotta. Mi ha risposto dopo una settimana invitandomi a fare un provino per Il Piccolo Teatro, ma io non ero ancora pronto. Gli ho chiesto comunque di incontrarlo. Ha accettato e successivamente mi ha dato la possibilità di assistere come auditore alle sue lezioni. Andavo sempre, ascoltavo tutto, in silenzio. In un angolo. E ho capito che quella era la mia strada. Quindi mi sono momentaneamente ritirato dalla tv per studiare.

Hai fatto le audizioni sia al Piccolo che all’Accademia dei Filodrammatici.
Sì e le ho superate in entrambi i casi. Poi, per una serie di motivi, ho scelto di frequentare l’Accademia dei Filodrammatici. Due anni intensi e preziosi. Tutti i giorni, entravamo la mattina e stavamo là tutto il giorno. Nel 2007 mi sono diplomato.

E poi hai ricominciato con la tv: sempre Desdemona al tuo fianco?
No, anche perché nel frattempo avevo cambiato agenzia. Ma Desdemona rimarrà sempre una figura fondamentale per il mio percorso. Pensa che, poiché lei era di Roma, nel periodo in cui era a Milano per seguirmi è stata ospite nella mia casa. I miei genitori le hanno subito aperto la porta.

Capri 2, Benvenuti a tavola, Don Matteo, Che Dio ci aiuti, Squadra mobile la cui ultima puntata è andata in onda qualche giorno fa. Fiction, ma anche cinema: hai anche lavorato in Vita Smeralda per la regia di Jerry Calà. Sei soddisfatto di quanto hai fatto finora?
Molto. Credo che le cose adesso siano equilibrate. Spero di essere più bravo che bello (sorride, ndr) e mi sento pronto. Anzi, a dir la verità mi sento pronto da quando ho terminato la scuola. Ecco, la scuola è stata la scelta più giusta che potessi fare.

Cosa ne pensi della tanto discussa fiction italiana? Domanda da un milione di dollari, lo so.
Credo ci siano dei prodotti di qualità e che sia giusto difenderla. Ma credo anche che ci vorrebbe più coraggio. Coraggio di cambiare, di percorrere nuove strade senza aggrapparsi alla lunga serialità per questioni di business. Abbiamo le carte in regola: autori e produttori in gamba, interpreti di talento. Perché, allora, non dare al pubblico la possibilità di far conoscere anche “altro” e poi scegliere? Gomorra – la serie, in tal senso, è un esempio da imitare. E sarebbe bello se, come accade in America, anche da noi i produttori e gli autori diventassero facilmente riconoscibili. Oltreoceano, presentando nuovi prodotti, dicono “dagli stessi autori di…“, “dagli stessi produttori di….“. Ecco, sì, sarebbe bello.

Pensi che potrebbe accadere davvero anche in Italia?
Sì. Prima di tutto perché la gente non è stupida anche se qualcuno tenta di farla passare come tale. E poi perché ci si sta avvicinando a nuovi orizzonti. Qualcosa cambierà, vedrai.

Questa mancanza di coraggio riguarda anche il cinema?
Per certi versi sì, secondo me. E’ sempre quello il punto debole. Si ha paura di aprirsi verso nuovi talenti e si continua a puntare su quei talenti ormai indiscussi che hanno il loro pubblico consolidato e il loro seguito. Nulla di male, per carità. Anzi. Sono attori bravi ed è giusto che sia così, che raccolgano il frutto di ciò che hanno conquistato. Però si dovrebbe lasciare spazio anche agli altri. Investire su volti nuovi. Comunque te lo ripeto: sono fiducioso. Sono convinto che le acque saranno smosse presto. E io spero di essere parte di questo cambiamento.

Hai un modello?
Beh, vorrei diventare come Pierfrancesco Favino. Per me lui è l’attore.

Sei ambizioso?
Sì, ma anche leale. Voglio vincere, però in modo pulito. E non perché durante la gara ho fatto lo sgambetto a qualcuno.

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