1992, Tea Falco non supera la prova. Cosa non ha funzionato?

Qualcosa non ha funzionato. Prima che prendesse il via su SkyAtlantic 1992, serie tv sugli anni di Mani Pulite e sui relativi intrecci e scandali, Tea Falco era identificata come un talento in ascesa. Nel suo curriculum di attrice figura il nome altisonante di Bernardo Bertolucci, che addirittura l’ha lanciata in Io e te. Poi la bella siciliana ha recitato nel film di Carlo Verdone Sotto una buona stella e vestito i panni nientepocodimeno che di Gesù Cristo in La solita commedia – Inferno di Biggio e Mandelli. Sulla cresta dell’onda, insomma, la ragazza. E dunque è stata salutata con curiosità la notizia del suo ingaggio per 1992 insieme a Stefano Accorsi, Miriam Leone e Alessandro Roja. Ma poi, appunto, qualcosa non ha funzionato. E la bella Tea s’è ritrovata suo malgrado in un tunnel da cui sarà davvero difficile uscire.

1992, DA UN’IDEA DI STEFANO ACCORSI

Il suo personaggio si chiama Bibi Mainaghi, è la figlia irrequieta e problematica di un imprenditore corrotto appartenente alla Milano bene. Cresciuta nella ricchezza, come a volte succede mostra un certo disprezzo per il denaro. Poi, però, accade qualcosa che la costringe a cambiare se stessa in modo radicale. Le premesse per creare una figura affascinante c’erano tutte. Nel passaggio dalla teoria alla pratica, tuttavia, il meccanismo s’è inceppato. Parte della responsabilità – se così vogliamo chiamarla – tocca a una sceneggiatura che a volte risulta insoddisfacente. Ma Tea s’è viste centinaia di dita puntate contro a causa della sua recitazione. Accusa numero uno: non si capisce cosa dice, lamentano i telespettatori. Biascica. Sbaglia registro vocale. “io non parlo come in 92 che si sappia – ha provato a difendersi lei tramite Twitter – non ho la voce da sciocca figlia di papa’ milanese. sono un muratore piuttosto“. Ma non è bastato. Diciamola: sul web continuano a farla a pezzi. Non la finiscono più. A metterci il carico da 10 è stato il Corriere della sera, associando al nome di Tea Falco il concetto di “recitazioni canine”.

Marlon Brando – scrive Renato Franco – per ottenere la voce in falsetto del Padrino si imbottiva la mascella di ovatta. A Tea Falco quella voce da far scappare i telespettatori viene tremendamente naturale. Accertato ormai che come sceneggiatura si poteva fare molto meglio, l’unico motivo valido per seguire ‘1992’ è la recitazione di Tea Falco che riesce a far diventare comico il registro del drammatico. Su Twitter per la sintesi tipica del mezzo unita alla cattiveria tipica dell’anonimato l’attrice viene liquidata come ‘cane malato’, come a dire che siamo più dalle parti della cinofilia che della cinefilia”. Non pago, Franco fa sapere che lì, dalle parti del Corriere, hanno fatto le prove. Giungendo alla conclusione che non è vero che non parla come in 1992: “Era anche in ‘Sotto una buona stella di Verdone’. La sua voce si riconosce prima che lei arrivi sullo schermo“.

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