Simon Grechi: “Il mio limite? Sono un eterno insoddisfatto”

Simon Grechi è fra i volti emergenti della fiction made in Italy. Il suo esordio risale al 2008, era la settima edizione di Carabinieri. Poi ci sono stati altri ingaggi e altre serie, da I delitti del cuoco a Tutti pazzi per amore 2, da Non smettere di sognare 2 a Dov’è mia figlia?, da Rosso San Valentino e Le tre rose di Eva 2. Per quest’ultima Simone ha indossato l’abito di Don Lorenzo, nuovo parrocco di Villalba nonché fratello segreto della dark lady Veronica Torre. Un uomo la cui vocazione viene offuscata dall’influenza – o sarebbe meglio dire dai tormenti – della sorella e dell’ambigua madre Elisabetta, incattivita da un’implacabile sete di vendetta. Il finale è estremo: per impedire che Elisabetta commetta qualche omicidio, Don Lorenzo le dà fuoco. E lascia che le fiamme uccidano anche lui stesso.

In questi giorni Simon è nuovamente in tv, su Canale 5, con la fiction Solo per amore e un ruolo decisamente diverso: è Gabriele Ferrante, ex campione di tennis, vicino al matrimonio con la ginecologa Irene Fiore (Camilla Filippi). La sua serenità e i suoi sani principi vengono messi in crisi dall’entrata in scena della dark lady Gloria Keller (Valentina Cervi), per cui perde davvero la testa. Ma a cui rinuncia per la (finta) gravidanza della sua promessa sposa. Gabriele è la vittima ignara di gravi menzogne e ancor più gravi ricatti.

Sei soddisfatto del modo in cui il pubblico ha accolto questa nuova fiction? La risposta rispecchia le tue aspettative?
Sinceramente cerco di non nutrire mai grosse aspettative, prima di tutto perché le fiction e l’audience rappresentano un terno al lotto ma anche per una questione di scaramanzia. Forse mi aspettavo un po’ di più, ma non mi lamento. D’altra parte deve andare in onda la sesta puntata, sono in tutto dieci. Naturalmente spero che le cose vadano sempre meglio!

Se dovessi descrivere il tuo personaggio con poche parole, quali useresti?
Beh, è senza dubbio una persona positiva. Limpida, onesta. Una persona che si è trovata a comportarsi in modo non proprio ligio contro la sua stessa volontà. Assume comportamenti che non gli appartengono solo per amore, appunto (sorride, ndr); un amore clandestino che gli stravolge la vita. Poi si rimette in riga, ma sostanzialmente lo fa soltanto per quel figlio che crede stia arrivando… Per quella gravidanza che in realtà non esiste.

Sceglie dunque di sacrificare i suoi stessi sentimenti per salvare l’idea di famiglia: tu lo faresti?
No, credo sia una cosa sbagliatissima. Io seguirei il sentimento, senza dubbio. Anche perché non si tratta di una scappatella ma c’è un sentimento vero. Che mette da parte per il senso del dovere. Ma così facendo si riduce tutto a una scatola vuota…

Gabriele è molto diverso dal Don Lorenzo de Le tre rose di Eva: un ruolo, quello, per cui sei andato “a scuola” da un sacerdote vero.
Sì, soprattutto per imparare i gesti della liturgia. Quei movimenti, quelle parole. Avevo bisogno di capire e di vedere.

Qualcuno ha scritto che questa parte ti ha rivoluzionato l’esistenza, che ti ha fatto riscoprire la fede.
Qualcuno esagera sempre. Io credo, ho sempre creduto. A modo mio. E quel personaggio non mi ha influenzato particolarmente in tal senso.

C’è stato qualche altro personaggio che invece ti ha lasciato il segno?
Direi il cattivo di Rosso San Valentino. Un personaggio del tutto negativo, il cui lato oscuro mi ha fatto riflettere parecchio. E d’altra parte ognuno di noi ha il suo lato oscuro, no?

Nel 2006 hai partecipato al Grande Fratello; qualche temo fa ti hanno attribuito dichiarazioni piuttosto pesanti circa quell’esperienza. Pare tu abbia definito la Casa una prigione e descritto una situazione di profondo disagio.
Anche in questo caso hanno calcato la mano. Il Grande Fratello è stata un’esperienza. Non bella, molto dura. Mi ha cambiato perché tutte le esperienze forti cambiano, in un senso oppure nell’altro. E’ stato un po’ come fare il militare, non so se mi spiego. Ma c’è di peggio, insomma (sorride, ndr). Non ero mica processato, tanto per dirne una…

Tutto sommato, però, ti sei liberato dall’etichetta di ex gieffino. E ci riescono in pochi.
Mah, io nemmeno me ne rendo conto se devo essere sincero: è passato così tanto tempo!

Quando sei entrato nella Casa del Gf, diventare attore era già il tuo obiettivo? Lo consideravi una sorta di trampolino di lancio?
No, non avevo un simile progetto. Io agisco principalmente in base all’istinto. Prima del Grande fratello lavoravo come modello e avevo anche frequentato una scuola di recitazione a New York, ma senza troppo coinvolgimento. Anche perché dovevo fare i conti con una grande timidezza che nel tempo – per fortuna – è un po’ diminuita. Posso dirti che le cose sono cambiate nello stesso momento in cui ho avuto la possibilità di recitare. E’ stato allora che ho capito. Ho capito che io farei questo lavoro 24 ore su 24…

Sei soddisfatto della strada percorsa finora?
Da una parte ti dico di sì. Dall’altra ho la consapevolezza che non ci si può mai fermare. Quando faccio una cosa, o appena ho finito di fare una cosa, penso subito a quella che verrà dopo. Da questo punto di vista sono un eterno insoddisfatto, ma è un mio limite: non riesco a godermi il presente. O forse è anche uno stato d’animo indotto da questo mestiere. Credo anche che un attore non dovrebbe mai considerarsi totalmente soddisfatto.

In Italia il cinema continua a guardare con un certo snobismo chi fa televisione. Problema che invece negli Stati Uniti non c’è.
Che dirti? Questo Paese è lo specchio della crisi che l’attanaglia. Prima era la culla dell’espressione culturale in tutte le sue forme, oggi le cosa appaiono ben diverse. E’ il Paese dell’etichettatore, ma le colpe non appartengono a nessuno di preciso: sono del sistema. La speranza è comunque l’ultima a morire…

La tua ambizione più grande?
Vivere stabilmente del mio lavoro. Vedere novità. Vedere scelte diverse in Italia.

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